Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha promulgato la legge che modifica il codice penale in materia di legittima difesa, ma ha contestualmente inviato una lettera ai presidenti del Senato, Elisabetta Casellati, della Camera, Roberto Fico, e al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte per per rimarcare che le nuove norme non devono attenuare il ruolo dello Stato. «Va preliminarmente sottolineato che la nuova normativa non indebolisce né attenua la primaria ed esclusiva responsabilità dello Stato nella tutela della incolumità e della sicurezza dei cittadini, esercitata e assicurata attraverso l’azione generosa ed efficace delle Forze di Polizia» scrive Sergio Mattarella.
Di seguito nella lettera inviata ai presidenti di Camera e Senato e al presidente del Consiglio, il Capo dello Stato inizia ad analizzare i punti più critici del testo. «L’art.2 della legge – scrive – attribuisce rilievo decisivo ‘allo stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto’: è evidente che la nuova normativa presuppone, in senso conforme alla Costituzione, una portata obiettiva del grave turbamento e che questo sia effettivamente determinato dalla concreta situazione in cui si manifesta». Una puntualizzazione che spiega come la condizione di «grave turbamento» rimanga fondamentale per l’esercizio della legittima difesa e debba quindi sussistere la necessità di difendersi da un pericolo attuale (ossia in atto, contemporaneo) di un’offesa ingiusta.
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Nella lettera di Mattarella vengono segnalati due «errori materiali». «Devo rilevare che l’articolo 8 della legge stabilisce che, nei procedimenti penali nei quali venga loro riconosciuta la legittima difesa `domiciliare´, le spese del giudizio per le persone interessate siano poste a carico dello Stato, mentre analoga previsione non è contemplata per le ipotesi di legittima difesa in luoghi diversi dal domicilio» scrive il presidente della Repubblica. Un’ultima puntualizzazione interessa l’articolo 3 del nuovo testo di legge. Nella lettera, il presidente della Repubblica scrive che tale articolo «subordina al risarcimento del danno la possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena, nel caso di condanna per furto in appartamento o per furto con strappo ma che lo stesso non è previsto per il delitto di rapina. Un trattamento differenziato tra i due reati non è ragionevole poiché – come indicato dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 125 del 2016 – gli indici di pericolosità che possono ravvisarsi nel furto con strappo si rinvengono, incrementati, anche nella rapina».