A volte ritornano. Lega e Movimento Cinque Stelle stanno lavorando a una riforma delle amministrazioni locali che porterà alla riesumazione delle Province con l’elezione di 2.500 consiglieri e relativi presidenti. Secondo quanto anticipato da Il Sole24ore, il ritorno al passato è contenuto nella bozza delle linee guida per la riforma degli enti locali: «La Provincia ha un presidente, eletto a suffragio universale dai cittadini dei Comuni che compongono il territorio provinciale, coaudivato da una giunta da esso nominata». A «coadiuvare» il presidente ci sarà il Consiglio «con poteri di indirizzo e controllo, eletto a suffragio universale».
Poche righe per un grande salto all’indietro. A scriverle, su carta intestata della Presidenza del Consiglio sono i componenti del tavolo tecnico-politico in conferenza Stato-Città istituito dal Milleproroghe, guidato per la Lega dal sottosegretario al Viminale, Stefano Candiani, e per il M5s dal viceministro all’Economia, Laura Castelli. «C’è stata un’ampia condivisione sul superamento della situazione attuale» ha spiegato Candiani. Ma la proposta, oltre a rianimare le elezioni provinciali abolite nel 2014, fa di più. Il consiglio provinciale non cancellerebbe l’assemblea dei sindaci, cioè l’ organo di secondo livello (votato dagli amministratori locali del territorio e non dai cittadini) creato dalla riforma Delrio. E le Province tornerebbero a vivere anche nei territori delle Città metropolitane.
«Pur di andare contro le scelte del nostro governo, fanno risorgere le vecchie province. Dopo aver salvato il Cnel e il bicameralismo paritario, torna l’elezione diretta delle province. Questo è il governo del cambiamento: diminuiscono i posti di lavoro, aumentano le poltrone». Così ha commentato il senatore del Pd Matteo Renzi su Facebook.
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