«Nel prossimo Consiglio dei Ministri proporrò la revoca dell’incarico al sottosegretario Siri, per ragioni politiche. Siri deve dimettersi». Lo ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nella conferenza stampa convocata a Palazzo Chigi. Pochi minuti prima del discorso di Conte era arrivata una nota del sottosegretario Siri in cui si diceva disponibile a dimettersi, pur ribadendo la sua innocenza: «Sono innocente e confido che una volta sentito dai magistrati la mia posizione possa essere archiviata. Qualora ciò non dovesse accadere, entro 15 giorni, sarò il primo a voler fare un passo indietro, non perché colpevole, bensì per profondo rispetto del ruolo che ricopro». Ipotesi respinta da Conte: «O ci si dimette o non ci si dimette. Le dimissioni future non hanno senso».
Dal giorno in cui è stato reso noto il coinvolgimento del sottosegretario alle Infrastrutture, Armando Siri, nell’indagine sull’eolico in Sicilia, il M5s ne chiede le dimissioni. Ma fino a oggi c’era stato un muro contro muro con il Carroccio, convinto di difendere Siri fino alla fine. Arriva da Budapest la reazione di Matteo Salvini: «In un paese civile non funziona così, lascio a Conte e Siri le loro scelte, a me va bene qualsiasi cosa se me la spiegano. Spero che venga il 26 maggio prima possibile, così le ragioni elettorali di qualcun altro verranno meno».
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«Invito la Lega a comprendere che questa soluzione non significa una condanna di un suo esponente», ha detto il premier Conte. «Non mi ergo a giudice, Siri è coinvolto in indagini preliminari. Evitiamo un processo mediatico sommario. La politica con la P maiuscola deve recuperare la capacità di discernere caso per caso. Con trasparenza e coerenza. Queste le premesse che mi hanno portato alla soluzione del caso Siri, che ho incontrato lunedì sera. Mi è sembrato doveroso confrontarmi con il diretto interessato. Io credo che la vicenda giudiziaria avrà un suo corso, quella politica ha altre connotazioni».