Le Regioni sono libere di stabilire esenzioni sul bollo auto, senza rispettare i limiti dettati dalle norme statali. L’unico vincolo che hanno è quello di non aumentare la pressione fiscale rispetto ai massimi previsti dallo Stato. Sta facendo discutere l’ultima interpretazione della tassa automobilistica data dalla Corte Costituzionale. Per il vicepremier Luigi Di Maio si tratta di «una buona notizia perché il bollo auto è una tassa ingiusta. Se compri la macchina la macchina è tua».
Una «stangata» per famiglie e imprese da 6,7 miliardi di euro ogni anno. Una cifra che, secondo l’Uecoop su dati Istat, tra il 2013 e il 2017 è cresciuta al ritmo medio di 200 milioni di euro l’anno. Un gettito che, ha calcolato la Uil nel 2016, incide per l’11,7% sul totale delle entrate da imposte e tributi propri delle Regioni. «Il bollo auto si somma – ha sottolineato Uecoop – così alla spesa carburanti con pesanti ripercussioni sia sui bilanci delle famiglie che delle imprese». Ma le cose potrebbero cambiare e il bollo auto potrebbe ridursi fino a scomparire in determinati casi.
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La nuova pronuncia sulla questione arriva dopo il contenzioso nato tra la Commissione tributaria provinciale di Bologna e la Regione Emilia-Romagna sul pagamento della tassa automobilistica regionale per autoveicoli e motoveicoli con anzianità tra i 20 e i 30 anni classificati di interesse storico o collezionistico. La Consulta ha precisato, con la sentenza n. 122 depositata, che «le peculiarità attribuite alla tassa automobilistica impongono alle Regioni soltanto di non aumentare la pressione fiscale oltre i limiti fissati dal legislatore statale»: quindi «in funzione di specifiche esigenze», le Regioni possono decidere in autonomia, come introdurre esenzioni «anche se non previste» dal legislatore statale.