È il giorno del ricordo. È il giorno della lotta alla mafia. Ma è anche il giorno delle polemiche. Al tradizionale appuntamento nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo, organizzato dalla Fondazione Falcone per commemorare la morte di Giovanni Falcone, il magistrato ucciso il 23 maggio del 1992 sull’autostrada tra Palermo e Capaci, molte associazioni note per l’impegno antimafia erano assenti, così come il governatore della Sicilia Nello Musumeci, il presidente dell’Antimafia della Regione Siciliana Claudio Fava, e il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Al centro della contestazione, la presenza del ministro dell’Interno Matteo Salvini.
«Sbaglia chi si divide sulla lotta alla mafia», ha replicato Salvini. «Oggi è la giornata dell’unità nazionale contro le mafie: sono incomprensibili le polemiche e le assenze di certa sinistra, che non sono un’offesa a me ma alla memoria di Giovanni Falcone e di tutte le eroiche vittime della mafia». Nell’aula dove furono imputate per mafia quasi 500 persone e di fronte a mille studenti, sono intervenuti il premier Giuseppe Conte, il presidente della Camera Roberto Fico e i ministri Matteo Salvini, Alfonso Bonafede e Marco Bussetti, insieme a tante altre personalità che hanno portato avanti la lotta alla mafia. «La lotta alla mafia è una battaglia di libertà contro chi soffoca le coscienze, contro chi vuole confondere la verità con la menzogna, il bene con il male», ha detto il premier Giuseppe Conte. «Palermo chiama Italia! E’ un appello a cui, però, deve rispondere anche lo Stato. Il governo che rappresento si ricorda di questa chiamata e vi risponde con tutti gli strumenti che può mettere in campo. Il nostro obiettivo è chiaro: fare terra bruciata alla mafia».
«Le polemiche oggi sono inutili, proprio in quest’aula che rappresenta la prima vittoria dello Stato», ha detto Maria Falcone aprendo la cerimonia. La sorella del magistrato ha ricordato il senso di rispetto per istituzioni che Falcone aveva sempre testimoniato. «Giovanni – ha aggiunto – era la personificazione del senso dello Stato». A fare rumore, alla vigilia delle celebrazioni, erano state le dichiarazioni di Claudio Fava, presidente della commissione siciliana antimafia: «Sarò a Capaci, dove tutto accadde – aveva affermato il figlio di Pippo, ucciso dalla mafia a Catania nel 1984 – Hanno trasformato il ricordo del giudice Falcone nel festino di Santa Rosalia. Avrei chiesto a Salvini di venire e di tacere. Di ascoltare e di prendere appunti. Di avere l’umiltà, per un giorno, un solo giorno, di capire che nella vita ci sono cose più grandi delle campagne elettorali e delle dirette televisive». Considerazioni condivise anche dal presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci: «Le polemiche sono tante, c’è troppo veleno, c’è troppo odio e tutto questo non suona al rispetto della memoria del giudice Falcone e dei poveri agenti della scorta».
Orlando, invece, ha accolto all’ingresso dell’aula bunker il presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico, e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ma poi non ha partecipato alla cerimonia. «Mi ero augurato che qualsiasi presenza istituzionale oggi a Palermo e all’Aula Bunker non si trasformasse in occasione per comizi pre-elettorali – ha detto il sindaco – Ho appreso che purtroppo non sarà così col previsto intervento di chi solo tre giorni fa ha attaccato i magistrati siciliani. Il dovere di rispettare la memoria di quell’Aula, del Pool antimafia che vi realizzò il primo maxi processo, del Comune di Palermo che a quel processo per la prima volta si costituì Parte Civile; soprattutto il dovere del rispetto della memoria di chi si è battuto a costo della vita contro ogni violenza e violazione dei diritti e del diritto, quel dovere mi impone di non essere presente all’Aula Bunker purtroppo trasformata in piazza per comizi». Tra i volti storici dell’antimafia c’è stato chi ha invitato apertamente a boicottare l’evento, come il fratello di Peppino Impastato, Giovanni. Anpi e Arci Palermo hanno così organizzato una sorta di contromanifestazione alla “Casina No mafia” di Capaci.
Nessun riferimento alle polemiche nelle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «A ventisette anni dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio, legate dalla medesima, orrenda strategia criminale, la Repubblica si inchina nel ricordo delle vittime e si stringe ai familiari. Vanno ringraziati quanti da una ferita così profonda hanno tratto ragione di un maggior impegno civico per combattere la mafia, le sue connivenze, ma anche la rassegnazione e l’indifferenza che le sono complici. I nomi di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina sono indimenticabili. Nella loro disumanità gli assassini li hanno colpiti anche come simboli – a loro avversi – delle istituzioni democratiche e della legalità. Il loro sacrificio è divenuto motore di una riscossa di civiltà, che ha dato forza allo Stato nell’azione di contrasto e ha reso ancor più esigente il dovere dei cittadini e delle comunità di fare la propria parte per prosciugare i bacini in cui vivono le mafie. Questa riscossa – aggiunge – ha già prodotto risultati importanti. Ma deve proseguire. Fino alla sconfitta definitiva della mafia, che Falcone e Borsellino hanno cominciato a battere con il loro lavoro coraggioso, con innovativi metodi di indagine, con l’azione nei processi, con il dialogo nella società, nelle scuole, soprattutto con una speciale attenzione all’educazione dei giovani».