Dolore, stanchezza, disturbi del sonno, cefalea, acufene, alterazioni dell’equilibrio, formicolio degli arti, crampi muscolari, disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare, colon irritabile, ansia e depressione. Sono tanti i sintomi della fibromialgia, una malattia reumatica che provoca un aumento della tensione muscolare. Significa che tutti i muscoli, dal cuoio capelluto alla pianta dei piedi, sono in costante tensione per cui chi soffre di questa patologia si sente sempre stanco e si affatica anche per minimi sforzi. Inoltre questo comporta dolore, in alcuni casi localizzato (le sedi più frequenti sono il collo, le spalle, la schiena, le gambe), in altri diffuso.
La sintomatologia dolorosa viene accentuata dal freddo, dall’umidità, dallo stress, da periodi di inattività o da sovraccarico funzionale, da ansia o da fattori ormonali. Ad oggi le cause di questa sindrome non sono del tutto chiare e altrettanto incerti i suoi meccanismi. Molti studi scientifici volti a capire le cause della malattia documentano numerose alterazioni dei neurotrasmettitori a livello del sistema nervoso centrale, cioè di quelle sostanze di fondamentale importanza nella comunicazione tra le cellule nervose. Le due caratteristiche principali della fibromialgia sono infatti la iperalgesia e la allodinia. Per iperalgesia si intende la percezione di dolore molto intenso in risposta a stimoli dolorosi lievi, mentre per allodinia si intende la percezione di dolore in risposta a stimoli che normalmente non sono dolorosi.
Uno degli effetti della disfunzione dei neurotrasmettitori è l’iperattività del Sistema Nervoso Neurovegetativo che comporta un deficit di irrorazione sanguigna a livello muscolare, con insorgenza di dolore, astenia e tensione. Nel 75% dei pazienti affetti da fibromialgia vi è l’astenia, la sensazione di stanchezza cronica, spesso presente maggiormente al risveglio poiché correlata ad un sonno non ristoratore, ad un sonno alterato in termini di qualità e quantità. Le alterazioni del sonno creano un circolo vizioso, in quanto accentuano il dolore e influiscono sull’umore, che a loro volta contribuiscono a disturbare il sonno. Anche le parestesie, sensazione di formicolio e intorpidimento degli arti, sono caratteristici della fibromialgia così come i crampi muscolari, le fascicolazioni, i tremori palpebrali, il rallentamento dei gesti, la difficoltà di concentrazione, la confusione mentale, la difficoltà nello scrivere, nel parlare e nel leggere. Non di raro riscontro è la sindrome algico-disfunzionale dell’articolazione temporo-mandibolare. Oltre ad altre disfunzioni presenti come la sindrome del colon irritabile, la sindrome delle gambe senza riposo, disfunzioni interessanti l’apparato genito-urinario, disfunzioni sessuali, disfunzione della sfera affettiva.
Il paziente affetto da fibromialgia riferisce frequentemente anche vertigine ed acufene. Caratteristici il senso di instabilità, di sbandamento, vere e proprie vertigini spesso ad andamento cronico e che vengono spesso imputate all’artrosi cervicale o a problemi dell’orecchio. Poiché la fibromialgia coinvolge anche i muscoli oculari e pupillari, i pazienti possono presentare nausea e visione sfocata. Gli acufeni possono essere originati da spasmi dei muscoli tensivi del timpano. Il rumore continuo e ossessionante, che risuona nella testa, viene amplificato nei pazienti che già presentano alterazioni del tono dell’umore, frequentemente ansiosi e depressi, con scarsa capacità di concentrazione, disfunzioni varie e continui stimoli dolorosi che acuiscono l’intensità dell’acufene stesso. I pazienti descrivono anche delle sensazioni di tintinnio, talvolta di prurito e di diminuzione dell’acuità uditiva. Gli acufeni nei pazienti affetti da fibromialgia possono essere originati da spasmi dei muscoli tensori del timpano ma vi sono delle teorie a favore di alterazioni dei meccanismi nella modalità di elaborazione dello stimolo uditivo e del rumore a livello del sistema nervoso centrale, fenomeno analogo a quanto avviene in tali pazienti nel caso della riduzione della soglia di sopportazione del dolore.
È interessante capire come la variabile “rumore” possa divenire, nei pazienti affetti da fibromialgia, un elemento ancora più invalidante rispetto ai pazienti che riferiscono acufene ma non affetti da fibromialgia. Tutto ciò è facilmente spiegabile considerando che quasi la totalità dei pazienti fibromialgici presentano disturbi del sonno responsabili della stanchezza e del rafforzamento dei dolori. Una buona gestione dei disturbi del sonno può aiutare a controllare il dolore, ed un buon controllo del dolore può migliorare la qualità del sonno. È ben comprensibile dunque che la variabile “rumore”, intesa sia come rumore ambientale sia come rumore soggettivo o acufene, rappresenti un elemento che disturba ulteriormente il sonno e il riposo. I pazienti con fibromialgia riferiscono, infatti, difficoltà nell’addormentarsi e continui risvegli notturni, la fase profonda del sonno è quindi spesso disturbata. Solitamente la persona al risveglio si sente ancora affaticata come se non avesse dormito.
La ricerca ha evidenziato che l’interruzione della fase profonda del sonno possa alterare importanti funzioni del corpo e la percezione del dolore. La mancanza di sonno profondo, fase nella quale i muscoli si rilassano e recuperano la stanchezza accumulata durante il giorno, spiega molti dei sintomi della fibromialgia e il rafforzamento dei dolori. Bisogna soprattutto in questi casi controllare e gestire il più possibile l’acufene per consentire al paziente fibromialgico di curarsi e di non aggravare una condizione già difficile. Fino ad una decina di anni addietro la fibromialgia non veniva diagnosticata e quindi trattata poiché considerata una patologia psicogena e quindi difficilmente curabile. Negli ultimi anni le cose sono radicalmente cambiate sia in ambito diagnostico sia in ambito terapeutico. La diagnosi, può essere formulata sia con i vecchi criteri classificativi del 1990, che richiedono la presenza di dolore muscoloscheletrico diffuso da almeno 3 mesi e la positività di almeno 11 trigger points sui 18 previsti, sia con i più recenti criteri diagnostici, formulati dall’ACR nel 2010, in cui, oltre al dolore cronico diffuso, viene attribuita maggiore importanza ai sintomi extra-scheletrici. Oggi la fibromialgia si può curare grazie alla scoperta dei meccanismi responsabili della malattia, si possono infatti utilizzare farmaci in grado di correggere i deficit riscontrati, in particolare il deficit di serotonina.
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Il programma terapeutico non può però tenere in considerazione solo il sintomo cardine, ossia il dolore muscolo-scheletrico, poiché nella maggior parte dei casi i sintomi extrascheletrici come l’alterazione del sonno e l’astenia possono rappresentare, più del dolore, la causa del peggioramento della qualità della vita. Spesso dunque vengono prescritti sedativi-ipnotici, ansiolitici e antidepressivi. Molti antidepressivi inducono acufene e le benzodiazepine inducono farmacodipendenza fisica e psicologica oltre a manifestazioni di astinenza successive alla sospensione del farmaco che aggravano l’acufene. L’uso di questi farmaci dovrebbe dunque essere limitato nel tempo in quanto rallentano la plasticità cerebrale e quindi l’adattamento alla percezione dell’acufene. Per questo motivo è utile un approccio terapeutico combinato “mente-corpo”, ossia una terapia farmacologia associata alla psicoterapia e ad un adeguato esercizio fisico. In particolare la terapia cognitivo-comportamentale è funzionale al trattamento del dolore, dello stress e dell’acufene. Mentre i trattamenti osteopatici possono eliminare le contratture muscolari e la terapia farmacologica agire sui disturbi del sonno.