Prosegue la battaglia fra Stati Uniti e Cina che vede al centro il colosso delle telecomunicazioni Huawei. Dopo Google, anche Facebook non consentirà più la pre-installazione delle sue applicazioni sugli smartphone Huawei che usciranno sul mercato in futuro. La notizia viene data in esclusiva dall’agenzia di stampa Reuters sul suo sito. Gli utenti avranno comunque la possibilità di scaricare e installare Facebook, Instagram o WhatsApp in un secondo momento dopo l’acquisto, mentre chi possiede già un dispositivo della casa cinese continuerà a utilizzare e a ricevere gli aggiornamenti delle applicazioni.
La scelta dell’azienda guidata da Mark Zuckerberg è diretta conseguenza della decisione del presidente Trump di imporre una stretta ai rapporti commerciali tra le società americane e quelle cinesi, in nome della salvaguardia della sicurezza nazionale. «Stiamo rivedendo la normativa finale del Dipartimento del Commercio e la licenza generale emessa di recente per assicurarci di agire in conformità», ha fatto sapere un portavoce di Facebook. Ma nella partita è entrata anche Google che si era adeguata alla decisione del presidente americano, annunciando di voler togliere le licenze di utilizzo di Android e degli altri servizi alla casa cinese. Questi continueranno però ad essere utilizzabili sui dispositivi già in commercio.
Ma secondo il Financial Times, Google teme che che il bando contro Huawei metta a rischio la sicurezza nazionale. Se Huawei non potrà avere gli aggiornamenti del sistema operativo Android da Google – è il ragionamento del colosso californiano – la società cinese svilupperà una sua versione modificata di Android, che renderà gli smartphone meno sicuri e più suscettibili di essere hackerati, anche dalla Cina. Secondo il Financial Times, nelle ultime settimane Google avrebbe approcciato il Dipartimento del commercio per discutere dell’iscrizione di Huawei nella «lista nera», che impedirà all’azienda di Shenzhen di comprare prodotti Usa una volta scaduta una licenza temporanea di 90 giorni. Google avrebbe chiesto un’ulteriore proroga della licenza, oppure di essere esonerata in toto dal divieto. Stessa richiesta sarebbe stata avanzata dai produttori di chip americani come Qualcomm.