Dovevano essere – sia secondo la narrazione leghista che secondo quella pentastellata – le Europee della svolta. Elezioni che seppur hanno visto trionfare la Lega in Italia, hanno consegnato gli eurodeputati della maggioranza del governo gialloverde ad una condizione ancora più irrilevante rispetto alla passata legislatura. Perché da una parte la Lega non è ancora riuscita a convincere i sovranisti e gli euroscettici a lasciare i loro attuali rispettivi gruppi politici per confluire nel gruppo di Salvini-Le Pen. Dall’altra gli eurodeputati del M5s non riescono a mettere in piedi il gruppo vagheggiato prima delle elezioni da Luigi Di Maio, per mancanza di eletti dei partiti, promessi alleati, negli altri paesi.
Il rischio concreto per gli eurodeputati Cinquestelle, di cui parlano apertamente diversi giornali, è che finiscano nel gruppo dei “non iscritti”, condannandosi sostanzialmente all’irrilevanza per i prossimi cinque anni di legislatura. In campagna elettorale il capo politico dei Cinquestelle diceva che non sarebbe entrato in nessuno dei vecchi gruppi e invece ora è disposto ad allearsi con chiunque. Anche se poi neppure questa strategia pare funzionare, visto che tutti respingono le avance grilline. Gli ultimi in ordine di tempo sono stati i Verdi: «Un gruppo con i Cinque stelle al momento è impossibile», ha detto Philippe Lamberts, copresidente del gruppo dei Verdi al Parlamento europeo. «Ci sono stati contatti, certo, ma per ora la strada è sbarrata. Lo dico non senza rammarico visto che con il M5s abbiamo molti punti in comune. Ma ci sono due punti che rendono impossibile qualsiasi forma di avvicinamento con i Cinque stelle: il primo è che in Italia governano insieme all’estrema destra e questo li rende assolutamente inconciliabili con noi. Il secondo è l’opacità della figura di Davide Casaleggio il cui ruolo e peso è tutt’altro che chiaro».
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Da tempo il Movimento 5 Stelle stava provando a trovare nuovi alleati in giro per l’Europa. All’inizio Luigi Di Maio aveva annunciato un’alleanza con alcuni piccoli partiti di ispirazione populista di vari paesi europei, annunciando di voler creare un nuovo gruppo parlamentare che potesse agire da «ago della bilancia» nella nuova legislatura. La quasi totalità dei partiti alleati del M5S, però, non è nemmeno riuscita a entrare in Parlamento. I nazionalisti polacchi di Kukiz hanno preso il 3,69% dei voti e sono rimasti fuori dal Parlamento Europeo. Anche gli alleati finlandesi di Liike Nyt non sono stati eletti. Il misterioso partito “agricolo” greco non è nemmeno stato registrato dai risultati ufficiali. Gli unici che hanno ottenuto un seggio sono stati i croati anti-establishment di Živi Zid (Scudo Umano), arrivati al 5,66%.
Il M5s per adesso, non avendo altra scelta, resta nell’Efdd con Farage, ma il problema vero sorgerà dopo la Brexit (sempre che avvenga davvero). L’uscita di scena degli europarlamentari britannici e quindi del Brexit Party, provocherebbe la fine del gruppo Efdd. Per scongiurare questa prospettiva, gli eletti pentastellati dovranno cercare un altro gruppo che li accolga, ma al momento non c’è nessuno disponibile. Con l’Alde il M5S aveva già provato ad allearsi un paio d’anni fa, senza successo: e sarà difficile riprovarci oggi che il gruppo è controllato dai parlamentari di En Marche considerati i ripetuti attacchi da parte di Di Maio alla Francia del presidente Emmanuel Macron, compreso il maldestro tentativo di avvicinamento ai suoi nemici, i gilet gialli. Fabio Massimo Castaldo, europarlamentare del M5S appena rieletto e vicepresidente uscente del Parlamento Europeo, ha fatto sapere che l’adesione al gruppo parlamentare degli alleati di governo della Lega «non è un’opzione» perché «la nostra visione dell’Europa è totalmente diversa da quella della Lega».