La carenza di medici negli ospedali del Molise è ormai diventata un’emergenza conclamata, al punto da richiedere necessario l’intervento del ministero della Difesa. «Stiamo esaminando la possibilità di inviare in Molise medici militari – ha detto la ministra Elisabetta Trenta, in visita a Campobasso – per far fronte alla carenza di personale sanitario negli ospedali, ma al momento non abbiamo ancora trovato una soluzione, stiamo continuando a cercarla».
L’emergenza medici, per i pensionamenti, il blocco del turnover e i pochi giovani disponibili è estesa però a tutta Italia con reparti che rischiano la chiusura e primari che saranno costretti a fare il turno di notte. «Se ne contano almeno 8mila in meno rispetto al fabbisogno – spiega il segretario del sindacato medici Anaao Carlo Palermo – e 2mila mancano proprio nei Pronto soccorso. Un’emergenza che dura da tempo, ma che si aggrava in estate con le ferie del personale». Anche i servizi del 118 sono al collasso: in alcuni casi sono state sospese le ferie per garantire l’assistenza.
E secondo le proiezioni dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiane (calcolate sui dati del Miur e del Ministero della Salute) dei 56 mila medici che il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) perderà nei prossimi 15 anni saranno sostituiti solo il 75%, cioè 42 mila. Non c’è da stupirsi pertanto se in Molise saranno impiegati medici militari, nel pronto soccorso di Firenze assunti dei neolaureati e, in generale, in tutta la penisola richiamati i medici in pensione. Misure straordinarie, da zona di guerra, che difficilmente possono trovare una soluzione con interventi di breve-medio termine.
In realtà i pochi posti e il blocco delle assunzioni, e di conseguenza l’assenza di turnover, sono soltanto il riflesso della criticità principale: quella delle borse di specializzazione. Il numero programmato nelle università deriva da un calcolo ponderato (sulla base del numero dei docenti, delle aule, dei laboratori e delle attrezzature disponibili) in grado di produrre un’iniezione nel mercato di circa 10mila dottori neolaureati. Ai quali per esercitare serve tuttavia una specializzazione che al momento conta quasi 7mila borse disponibili. E i restanti 3mila? La Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri stima che ogni anno sono 1.500 i medici che vanno a specializzarsi all’estero, traducibili anche come 225 milioni di euro di formazione spesi dall’Italia, in quella che si potrebbe chiamare la nuova “fuga dei camici bianchi”.
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La contrazione dell’organico del servizio sanitario nazionale è perciò solo una conseguenza fisiologica a tutto questo. La Lombardia si schiera tra le regioni con la dotazione minore di medici, assieme a Lazio e Molise, con 1,3 e 1,4 medici ogni 1.000 abitanti. Già ai primi di giugno, il commissario regionale del Molise alla Sanità, Angelo Giustini, aveva lanciato l’allarme invocando al più presto l’invio dei medici militari: «È una corsa contro il tempo», aveva spiegato in una lettera inviata al direttore di Quotidiano Sanità. La soluzione sembra essere solo una: chiamare a raccolta i medici dell’Esercito nelle corsie degli ospedali della regione per 5-6 mesi, in attesa che vengano espletati i concorsi.
E sul tema è intervenuto anche il segretario del Pd Nicola Zingaretti su Facebook: «Non è possibile non garantire la sanità ai cittadini. Anche per questo continuare a fare debiti senza una strategia di sviluppo è da irresponsabili. Torna il rischio di tagli. Bisogna rimettere la salute degli italiani al centro dell’agenda politica dell’Italia senza farsi distrarre dal festival dei litigi e delle proposte senza senso. Noi vogliamo #Quota 10: 10 miliardi di investimenti in più nei prossimi 3 anni; 50 milioni subito sulle scuole di formazione per i giovani medici laureati; un piano straordinario per assumere 10 mila operatori. Questa è delle vere priorità italiane. Con una nuova politica economica e di sviluppo che guarda agli interessi delle persone si può fare».