«L’Aquila è atterrata». Erano le 22:17 (ora italiana) di domenica 20 luglio 1969 quando il modulo lunare “Eagle” della missione Nasa Apollo 11, con a bordo gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin, si appoggiava sulla superficie polverosa della Luna. Si avverava il sogno millenario dell’uomo sotto gli occhi di oltre 650 milioni di telespettatori incollati agli schermi in bianco e in nero. Gli italiani furono accompagnati dal commento del telecronista Tito Stagno in una diretta che farà la storia della televisione italiana, mentre al Kennedy Space Center di Houston la sala di controllo della missione si trasformava in un turbinio di abbracci e di bandiere a stelle e strisce.
How will you celebrate 50 years since man landed on the Moon? We invite you to join us at these upcoming events: https://t.co/njss6MIYv4#Apollo50th pic.twitter.com/J7fWnbFIAz
— NASA History Office (@NASAhistory) July 15, 2019
Gli americani dovevano raggiungere la Luna, a tutti i costi, per surclassare i sovietici nella corsa allo spazio. L’allunaggio della missione spaziale Apollo 11, in quell’estate di 50 anni fa, avvenne dopo 8 anni di preparazione, con l’impegno assunto nel 1961 dall’allora presidente statunitense John F. Kennedy di raggiungere la Luna «entro la fine di questo decennio». Erano gli anni della Guerra fredda e il confronto con l’Unione Sovietica stava interessando anche le tecnologiche spaziali. I sovietici, in poco più di un decennio, avevano raggiunto risultati sorprendenti mandando in orbita il primo satellite e in seguito il primo uomo nello spazio. Kennedy pensò che il programma Apollo verso la Luna fosse la giusta motivazione per rilanciare la sfida e recuperare il terreno perduto.
Il 16 luglio del 1969 quello sforzo scientifico, tecnologico e politico trovò la propria sintesi sulla rampa di lancio di Cape Canaveral, in Florida, dove il gigantesco razzo Saturn V era pronto per portare in orbita e poi spingere verso la Luna i tre astronauti della missione spaziale Apollo 11. Il risultato non era scontato: il presidente Nixon aveva già pronto il discorso da tenere nel caso in cui gli astronauti spediti sulla Luna non fossero più tornati indietro. Iniziava con queste parole: «Il fato ha decretato che gli uomini che sono andati sulla Luna per esplorarla in pace, resteranno sulla Luna per riposare in pace». Ma non andò così. Raggiunta l’orbita lunare, dopo un viaggio di 4 giorni, Armstrong e Aldrin lasciarono il terzo collega, Michael Collins, nel modulo di comando che li aveva trasportati nel loro viaggio, trasferendosi sul modulo lunare “Eagle” che li avrebbe portati sulla Luna. Erano le prime ore del 21 luglio in Italia quando Armstrong appoggiò il suo piede sinistro sul suolo lunare, pronunciando una delle frasi più famose del Novecento: «Questo è un piccolo passo per un uomo, un gigantesco balzo per l’umanità».
Sei missioni hanno portato in tutto 12 uomini a sbarcare sul nostro satellite naturale in poco meno di tre anni e mezzo, dal 1969 al 1972. Non senza qualche difficoltà: a cominciare dalla prima discesa con l’Apollo 11 quando il computer dalla potenza paragonabile a un Commodore 64 ha mostrato i suoi limiti. Poi la disavventura dell’Apollo 13 la conosciamo tutti, il serbatoio di ossigeno che esplose durante la fase di crociera e Jim Lovell che disse la celebre frase: «Houston, abbiamo avuto un problema». Ma sulla Luna gli uomini hanno passeggiato, saltellato, guidato auto, giocato a golf e abbandonato rifiuti. La Luna in quegli anni era diventato un posto quasi banale. Più che altro superfluo. L’avventura era cominciata da una sfida con la Russia. E ora che quella sfida con i sovietici era vinta, non valeva più la pena per gli Stati Uniti concorrere contro se stessi nello spazio, mentre sulla terra si profilava la sconfitta nella guerra del Vietnam che aveva logorato il Paese. Così nel 1972 Nixon chiuse anticipatamente il programma Apollo, annullando le ultime tre missioni.
Eppure a 50 anni di distanza dalla pietra miliare della storia vive ancora il dubbio che il primo passo sulla Luna sia stato quella che oggi chiameremo una fake news, ossia un falso orchestrato per ristabilire la supremazia tecnologica e scientifica degli Stati Uniti in un’epoca di Guerra Fredda. L’origine della teoria a carattere complottista risale a un libro del 1976: “Non siamo mai andati sulla Luna” (We never went to the Moon), dello scrittore americano Bill Kaysing che lavorò per una società che costruiva razzi per la Nasa fino al 1963. Lo sviluppo del Web negli ultimi 20 anni ha contribuito a darle enorme diffusione, con la nascita di numerosi siti che la sostengono. La teoria di Kaysing si basa sull’assunto che la Nasa alla fine degli anni Sessanta non avesse assolutamente i mezzi per mandare degli uomini sulla Luna, come aveva promesso il presidente John F. Kennedy. Dunque, secondo i teorici del complotto, gli americani si erano inventati tutto e avevano affidato la regia del finto allunaggio a Stanley Kubrick, diventato famoso un anno prima con “2001 Odissea nello Spazio”. Il regista avrebbe accettato perché sotto minaccia di rendere pubblico il coinvolgimento del fratello Raul con il Partito comunista. Il fatto che Kubrick non avesse mai avuto un fratello è un dettaglio insignificante.
Ora che sulla Luna stiamo per tornarci, vale la pena guardarsi indietro e capire quanto le cose siano cambiate. Complotti a parte, grazie a quel primo allunaggio siamo diventati una civiltà spaziale anche se negli ultimi 47 anni non abbiamo più messo piede sulla Luna. La diplomazia spaziale è subentrata alla supremazia tanto che Stati Uniti e Russia sono partner nella costruzione e nella gestione della più grande struttura mai costruita fra le stelle, la Stazione Spaziale Internazionale, e collaborano a questa impresa insieme alle agenzie spaziali di Europa, Canada e Giappone. E se 50 anni fa andare sulla Luna è stata una scommessa, che potevamo anche non vincere come testimonia il discorso preparato da Nixon, oggi possiamo farlo in tutta sicurezza. E non è più un sogno, ma un progetto di Nasa, Esa e Roscosmos per il 2024. E dalla Luna, dove un giorno forse estrarremo acqua, elio e carburante, faremo il vero grande salto. Verso Marte.