Il decreto Sicurezza bis ha ottenuto la fiducia del Senato, ma non quella del capo dello Stato, Sergio Mattarella, che potrebbe decidere di esprimere una riserva sulla legge oppure accompagnarla con dei pesanti rilievi. I dubbi principali di Mattarella sul provvedimento, voluto fortemente dal ministro dell’Interno Matteo Salvini e votato dal M5s, secondo Repubblica, riguarderebbero le misure punitive contro le Ong: «Un sistema sanzionatorio non equilibrato rispetto alle condotte contestate», scrive Concetto Vecchio. Ma non solo. Rimangono anche forti perplessità sull’accanimento in materia di ordine pubblico. La seconda parte del decreto introduce pene molto più severe per le manifestazioni introducendo circostanze aggravanti per i reati di violenza o minaccia a pubblico ufficiale. Dubbi anche sulla trasformazione da violazioni amministrative a reati delle azioni di resistenza alle forze dell’ordine, come a dire che la semplice resistenza passiva possa portare all’arresto.
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Si fa strada, dunque, l’ipotesi che Mattarella possa decidere di esprimere una riserva sulla legge, oppure che possa inviare una lettera di accompagnamento alla promulgazione. Ciascuna legge che riceve il via libera dei due rami del parlamento deve essere poi promulgata dal presidente della Repubblica, come stabilisce l’articolo 87 della Costituzione. Se esistono aree di conflitto dell’atto con la Costituzione, il testo può essere rinviato alle Camere accompagnato da un messaggio di motivazione da parte del Capo di Stato. Se però in seguito a questo le Camere approvano di nuovo la legge, il Presidente è obbligato a promulgarla, come previsto dall’articolo 74 della Costituzione.
In alternativa, il Capo di Stato può inviare una lettera al Presidente del Consiglio con precisazioni che vuole lasciare agli atti. Mattarella l’ha fatto più di una volta: nel promulgare il decreto antimafia, per esempio, ha invitato Paolo Gentiloni, allora capo del governo, a «procedere a un attento monitoraggio degli effetti applicativi della disciplina». E lo stesso è successo con il decreto legge sicurezza: il 4 ottobre 2018 Mattarella ha promulgato il testo, accompagnandolo però con una lettera a Giuseppe Conte in cui sottolineava la necessità di rispettare «gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’articolo 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia».
Nel caso in cui il Colle non contestasse l’anticostituzionalità di un decreto o di una legge possono sempre farlo i giudici costituzionali. La Consulta ha già agito varie volte in questa direzione: con i lodi Alfano e Schifani che sospendevano i procedimenti penali delle alte cariche dello Stato, promulgati rispettivamente da Napolitano e Ciampi, e con le leggi elettorali Porcellum e Rosatellum. Anche se la Consulta giudicasse il testo manifestamente anticostituzionale, non esistono però alcun tipo di sanzioni per chi, al Qurinale, avesse precedentemente promulgato il testo. Rimane più probabile che il testo venga smontato dalla Corte Costituzionale che dal Quirinale.