C’è chi lo chiama «inciucio», chi «ribaltone». Nella Lega cresce la preoccupazione per i contatti tra un fronte del Pd e il Movimento 5 stelle. «Sento, e sarebbe una cosa incredibile, che ci sono toni simili tra Renzi e Di Maio», aveva detto Matteo Salvini, dal palco di Termoli. Il timore evocato da alcuni parlamentari leghisti è quello di un accordo politico per creare una maggioranza alternativa vanificando il disegno di Salvini, quello di andare a votare il prima possibile, entro il mese di ottobre.
Ipotesi smentita sia dal segretario Pd Nicola Zingaretti che ha parlato di «una bomba di distrazione di massa», sia dal Movimento 5 Stelle che in un post su Facebook, afferma: «Salvini sta andando fuori giri: prima fa cadere il governo, poi vaneggia di un inciucio tra il Movimento 5 Stelle e il Pd. Parliamoci chiaro: qui chi è andato a braccetto con Renzi, Zingaretti, Gentiloni e compagnia cantando è proprio la Lega». Ma il dubbio resta. Nella Lega si punta il dito non solo in direzione dell’ala ortodossa dei pentastellati che ha nel presidente della Camera, Roberto Fico, il punto di riferimento, ma anche verso esponenti del Pd come i franceschiniani e i renziani. Questi ultimi appoggerebbero – con l’obiettivo dichiarato della messa in sicurezza dei conti pubblici – un governo di transizione o di scopo che metta Salvini in panchina e non gli permetta di gestire dal Viminale la campagna elettorale.
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A mettere in allarme i leghisti è stata la proposta del capogruppo pd al Senato, il renziano Andrea Marcucci, di votare la mozione contro Salvini prima di quella con cui la Lega punta a sfiduciare il presidente del Consiglio Conte. Cosa che ha portato alcuni sostenere che con questa mossa i renziani volessero evitare le urne. Ipotesi smentita dallo stesso Renzi. «Io non faccio accordicchi segreti, io parlo con interviste, con interventi, con post. Capitan Fracassa ha paura: paura di me, ma soprattutto paura di noi. E fa bene a essere impaurito perché l’Italia civile è più forte del suo odio e della sua macchina da propaganda rimasta senza soldi», scrive su Facebook l’ex premier. «Qualcuno già ipotizza che io possa votare la fiducia a Fico premier — aggiunge — E perché non Toninelli premier allora? O Di Battista? Sono ragazzi così preparati e competenti. Dai, ragazzi, non scherziamo».
Intanto, con l’accelerazione della crisi di governo e un ritorno alle urne che sembra sempre più vicino, anche la coalizione si trova a scegliere il proprio candidato premier. E il nome più gettonato tra le fila del Pd sembra essere quello dell’ex premier Paolo Gentiloni. Il segretario Nicola Zingaretti non ha intenzione di correre come presidente del Consiglio alle future elezioni: «Potrei non essere io il candidato premier di centrosinistra». Ritaglierebbe, quindi, per sé un ruolo da regista all’interno della coalizione. Ma quello di Gentiloni non è l’unico nome che circola tra i dem. Tra gli altri possibili candidati il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che aveva già espresso la sua volontà di impegnarsi per l’Italia, come ricorda Repubblica. Accanto a quello di Sala, spunta anche il nome di Carlo Calenda, ex ministro dello Sviluppo economico ed eurodeputato, che per le Europee aveva raccolto diversi consensi.