Cinquecento anni fa, mezzo millennio prima che il terrapiattismo ricostruisse le sue radici sul web, Ferdinando Magellano salpava da Siviglia per compiere quella che sarebbe stata la prima circumnavigazione della Terra. Era il 10 agosto 1519: cinque caravelle, 237 uomini iberici e qualche italiano si imbarcarono per cercare la nuova rotta per l’isola delle spezie, oggi note come isole Molucche nell’oceano Pacifico. Quel viaggio, durato più di tre anni, fu ricco di imprevisti e di grandi scoperte.
La rivoluzione geografica si può dire che fu un lavoro di equipe, ogni nuova scoperta apriva nuove rotte marittime ad altri navigatori. Per esempio, Colombo influenzò le scoperte di Amerigo Vespucci, in particolare in sud America: Vespucci giunse a 52° di latitudine sud, esattamente all’imboccatura del canale che porta all’oceano Pacifico. Questo canale fu navigato per primo dalla spedizione Magellano nel 1519 che si concluse nel 1522. Come Cristoforo Colombo, anche lui dovette ‘vendere’ la sua idea a un regnante che fosse abbastanza ‘folle’ da crederci. Il navigatore portoghese arrivò alla corte di Carlo V, che gli diede uomini e mezzi per scoprire una nuova rotta più conveniente verso le isole Molucche. Lo scopo era evitare che le preziose spezie dovessero passare dall’Oceano indiano e in Africa, oppure dall’Asia, attraversando le terre sotto il dominio ottomano e poi essere commerciate dal monopolio delle repubbliche marinare, Genova e Venezia.
Magellano era certo che ci fosse la via, e la trovò. Conosciamo i particolari del viaggio grazie al vicentino Antonio Pigafetta, tra i 18 uomini che riuscirono a completare l’impresa, che nel suo resoconto “Primo viaggio intorno al globo terracqueo” racconta i giorni difficili della traversata nel Pacifico «senza incontrare terra tranne due isole “Sfortunate”», le nuove scoperte, le disavventure e gli incontri “strani” con indigeni delle terre lontane. Proprio uno di questi incontri costò caro a Magellano. Nella spiaggia dell’isola di Mactan, fu colpito, sopraffatto e massacrato «fin che lo specchio, il lume, el conforto e la vera guida nostra ammazzarono» racconta Pigafetta. Era il 27 aprile 1521. La spedizione continuò senza di lui. Delle tre navi rimaste, una (la Conception) fu affondata. La Trinidad e la Victoria proseguirono fino alle Molucche, al comando di Juan Sebastián Elcano, dove acquistarono le preziose spezie. Elcano continuò verso ovest sulla Victoria. La Trinidad scelse invece di far vela verso il Pacifico e terminò presto la sua traversata, per mano dei portoghesi. Elcano assieme a Pigafetta e agli altri 16 superstiti degli equipaggi ai comandi di Magellano, rientrarono con la Victoria (ridotta a navigare con vele di fortuna mentre imbarcava acqua) a Sanlúcar de Barrameda il 6 settembre 1522, due anni, 11 mesi e 17 giorni dopo essere salpata nell’Atlantico, ma oltre 3 anni dall’inizio vero e proprio del viaggio. La data sul diario di bordo segnava però 5 settembre, si accorsero poi di aver perso un giorno viaggiando verso ovest.
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Magellano non riuscì a compiere l’intera circumnavigazione del globo. Ma la sua impresa rimane: ha dimostrato che la terra non è piatta. Assunto poi confermato da successive scoperte, anche se ancora oggi ci sono gruppi di negazionisti. C’è un filo sottile che unisce le imprese di Neil Armstrong e Ferdinando Magellano. Non è solo la forza trascinante della scoperta, dell’esplorazione, dell’ignoto. A distanza di 450 anni le loro traversate hanno significato una rivoluzione geografica, economica e politica. Ma hanno anche spostato un confine, quello della conoscenza, fino ad abbracciare un orizzonte più vasto.