Boris Johnson procede a passi decisi verso la Brexit. Il governo britannico ha infatti firmato la legge che cancella l’atto del 1972 che sanciva l’adozione delle leggi europee da parte del Regno Unito. Lo riferisce un comunicato del governo britannico sottolineando che si tratta di «un passo storico per il ritorno dei poteri legislativi da Bruxelles a Londra». L’annullamento dell’European Communities Act entrerà in vigore il giorno in cui la Gran Bretagna lascerà l’Unione europea, con o senza accordo.
Si tratta di un passaggio burocratico, dal carattere soprattutto simbolico, con cui probabilmente Johnson intende mettere pressione su Bruxelles, affinché torni al negoziato sulla Brexit. Nel suo primo discorso da primo ministro britannico, Boris Johnson aveva annunciato che il suo obiettivo principale è quello di raggiungere un accordo «alternativo» di divorzio con Bruxelles. Ma se questo non fosse possibile per il neo primo ministro britannico l’opzione è di uscire dall’Ue senza accordo perché quello attuale «bocciato tre volte è inaccettabile». «Non riapriremo l’accordo di recesso», avevano replicato dalla Commissione europea, tramite la portavoce Mina Andreeva: «Abbiamo raggiunto un accordo sul ritiro con il Regno Unito che è il miglior accordo possibile e siamo pronti ad aggiungere elementi sulla dichiarazione politica, ma non riapriremo l’accordo di recesso». Intanto, è ufficiale che mercoledì prossimo Johnson sarà a Berlino per incontrare Angela Merkel e a Parigi per un incontro con Emmanuel Macron. «Noi siamo pronti a ogni eventualità – ha ribadito la cancelliera – anche se non arrivassimo ad un accordo. Ma, in ogni caso, farò gli sforzi necessari per trovare delle soluzioni, fino all’ultimo giorno dei negoziati».
LEGGI ANCHE: Boris Johnson e la Brexit ad «ogni costo»
Resta aperto anche il fronte interno. In Gran Bretagna non si sanano le spaccature tra coloro che sono a favore dell’uscita dall’Unione europea e i contrari: più di 100 deputati britannici con una lettera hanno chiesto oggi al premier di convocare subito il Parlamento, attualmente in ferie, per discutere la Brexit. Il periodo estivo finirebbe il 3 settembre. I firmatari della lettera sono contrari al divorzio, che vorrebbero bloccare: «Il nostro Paese è sull’orlo di una crisi economica, mentre andiamo verso una Brexit senza accordo – hanno scritto – siamo davanti a un’urgenza nazionale e il Parlamento deve essere convocato subito». Il leader dell’opposizione laburista, Jeremy Corbyn, vuole organizzare un voto di sfiducia contro Johnson non appena tornerà in Parlamento, sperando di sostituirlo come premier ad interim e tentare di ottenere un nuovo rinvio della data di uscita dall’Ue. Ma intanto il conto alla rovescia va avanti: mancano 74 giorni al B-day.