Alla fine Boris Johnson lo ha fatto: il premier britannico ha chiesto alla Regina Elisabetta di sospendere il parlamento di Westminster per circa cinque settimane per impedire ai deputati di bloccare l’uscita dall’Unione Europea senza un accordo. A dare la notizia è stato il cronista politico della Bbc, Nick Robinson, rilanciato dalle agenzie internazionali. Lo stesso premier ha confermato l’indiscrezione: «I deputati avranno molto tempo per discutere della Brexit», ha detto in una dichiarazione a Sky. La Camera dei Comuni riaprirà il 14 ottobre, dopo il discorso della Regina in cui, a detta di Johnson, verrà presentata «la nuova eccitante agenda del governo».
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Il piano di Downing Street era già stato rivelato domenica scorsa dall’Observer ma l’ipotesi era discussa da tempo nel Regno Unito e il premier non l’aveva mai esclusa, anche se ha sempre negato che il fine ultimo fosse quello di esautorare il Parlamento: «Abbiamo bisogno di un nuovo inizio per portare avanti il Paese – ha spiegato – Per questo serve un discorso della Regina che annunci nuove e importanti leggi». I deputati rientrano il 3 settembre dalla pausa estiva e Johnson intende spiazzare i suoi avversari sospendendo di nuovo le attività parlamentari il 10 settembre fino al 14 ottobre. La sospensione delle attività parlamentari, che in gergo si chiama prorogation e viene attuata, per esempio, quando si insedia un nuovo esecutivo, impedirà ai deputati di votare qualsiasi rinvio della Brexit, anche in caso di un no deal.
La notizia è stata subito criticata dai partiti di opposizione e da numerosi deputati conservatori, che lo hanno definito «un oltraggio alla democrazia», «un golpe costituzionale» e minacciano un voto di sfiducia al Governo. In primis il leader laburista Jeremy Corbyn che ha anche scritto alla Regina chiedendole un incontro urgente: «Sono inorridito dalla sconsideratezza del governo Johnson, che parla di sovranità e che tuttavia sta cercando di sospendere il Parlamento per evitare l’esame dei suoi piani per una spericolata Brexit senza accordo. Questa è una minaccia per la nostra democrazia». La numero uno del gruppo degli Indipendenti, Anna Soubry, ex deputata conservatrice, ha affermato invece che la democrazia è «minacciata da un primo ministro spietato». Ma anche tra i conservatori c’è chi dissente. Lo speaker della Camera John Bercow si è lamentato di non essere stato avvisato in anticipo della decisione: «Non ho avuto contatti con il governo ma se le notizie sono vere questa mossa rappresenta un’onta costituzionale. Comunque venga presentato, è assolutamente ovvio che lo scopo di una sospensione ora sarebbe quello di impedire al Parlamento di dibattere della Brexit e di svolgere il proprio compito di plasmare il corso futuro del Paese».
Il premier ha difeso la sua decisione, affermando che non riguarda Brexit ma «si tratta solo di proporre un nuovo programma legislativo per il Paese sulla Sanità, la lotta al crimine e gli investimenti in infrastrutture e scienza. I deputati avranno abbastanza tempo prima e dopo il cruciale summit Ue del 17 ottobre per discutere della Ue e di Brexit». La posizione ufficiale di Johnson è che si tratta di «business as usual» senza «connotati sinistri». In una lettera inviata stamani a tutti i deputati, il premier spiega che potranno esprimere la loro opinione «sul discorso della Regina e sul programma di Governo prima del Consiglio europeo e poi votare il 21 e 22 ottobre una volta noto l’esito del summit».
Ha intanto superato la soglia di 220mila firme la petizione sul sito del Parlamento del Regno Unito che chiede al governo di non sospendere il Parlamento qualche settimana prima della scadenza della Brexit il 31 ottobre. In poco più di un’ora, la richiesta è passata da 14mila a oltre 100mila sottoscrizioni, per arrivare a superare le 220mila nel giro di due ore. La pagina web dell’istanza ricorda che con 100mile firme la petizione sarà presa in considerazione per un dibattito in Parlamento.