C’è «una probabilità molto alta» che l’attacco contro gli impianti petroliferi dell’Arabia Saudita sia partito da una base di Teheran. Secondo la Cnn, che cita fonti investigative americane e saudite, l’azione è stata condotta con missili da crociera lanciati dal territorio iraniano vicino al confine iracheno. In base ai rottami recuperati e all’analisi delle informazioni a disposizione gli esperti hanno «disegnato» il profilo della missione: gli ordigni sono partiti da un’installazione iraniana, hanno volato a bassa superando lo spazio aereo del Kuwait, per poi centrare gli impianti sul lato settentrionale di Abqaiq. Le stesse fonti hanno aggiunto che c’è stato un tentativo di mascherare l’origine dell’attentato, ma al momento non esistono indicazioni che i vettori siano arrivati dallo Yemen, come invece rivendicato dai guerriglieri sciiti Houti.
LEGGI ANCHE: Cosa succede dopo gli attacchi agli stabilimenti petroliferi in Arabia Saudita?
La ricostruzione dell’emittente statunitense combacia con quanto affermato dagli Stati Uniti nelle ore successive alle esplosioni. Il segretario di Stato Mike Pompeo aveva accusato esplicitamente Teheran. Tesi respinte con vigore dall’Iran che peraltro, per bocca del suo presidente Ruhani, ha sostenuto che il bombardamento degli impianti era una risposta degli insorti sciiti alla campagna aerea di Riad nello Yemen. Sul fronte diplomatico la Casa Bianca si divide tra moniti su possibili rappresaglie e toni più morbidi. Lo stesso presidente americano, rispondendo alle domande dei giornalisti nello Studio Ovale, ha detto di «non volere andare in guerra con nessuno», per poi affermare, meno di un’ora dopo, di ritenere che un raid militare Usa su impianti petroliferi iraniani sarebbe una risposta proporzionata agli attacchi contro i sauditi.