Il forame ovale pervio è uno dei problemi più controversi della cardiologia, con un numero crescente di diagnosi, indicazioni per il trattamento e studi scientifici. Nonostante sia stato scritto molto su questa malformazione cardiaca, in letteratura scientifica esiste davvero poco riguardo la correlazione tra forame ovale pervio ed acufene o ipoacusia. Eppure sono in aumento i pazienti acufenici a cui, dopo vari accertamenti audiologici e non per escludere altre concause, viene diagnosticato il forame ovale pervio.
Il forame ovale pervio è il foro di comunicazione fra i due i due atri del cuore. Nel feto questa apertura è fisiologica, successivamente alla nascita questo “foro” dovrebbe chiudersi entro massimo i due anni di vita. Quando questa saldatura non avviene e la chiusura anatomica risulta imperfetta o manca completamente si parla di “pervietà del forame ovale”. È un difetto potenzialmente grave che in condizioni normali di salute non comporta particolari complicazioni. Non dà sintomi e spesso ci si accorge in ritardo della sua esistenza, è solitamente lo specialista che richiede un approfondimento digagnostico in presenza di disturbi di salute come per esempio l’emicrania o l’acufene. Il forame ovale pervio risulta particolarmente rischioso in soggetti con patologie concomitanti sia cardiache che neurologiche.
LEGGI ANCHE: I diversi tipi di acufene: come riconoscerli e curarli
Tale pervietà può consentire , infatti, il passaggio di piccoli coaguli dal cuore destro al cuore sinistro provocando un’embolia nel circolo sistemico soprattutto a livello cerebrale, determinando l’ictus, ma anche in altri organi. Nella casistica del Centro Siciliano Acufene sono stati riscontrati tre pazienti, una donna e due uomini, di giovane età, che presentano il forame ovale pervio e riferiscono acufeni. Questi pazienti possono presentare emicrania con aura, ictus cerebrale in assenza di fattori di rischio, e altri sintomi interessanti soprattutto gli organi sensoriali, poiché questi ultimi sono dotati di un circolo vascolare terminale, ossia di vasi sanguigni del diametro inferiore a quello di un filo di capello. I coaguli che dall’atrio destro passano a quello sinistro, dunque, possono fermarsi in diversi organi tra cui l’orecchio.
Il Csa ha avviato uno studio scientifico, ma per ovvie ragioni anatomiche, si può ritenere possa esistere tale correlazione. Dopo un’attenta diagnosi, anche con l’ausilio di indagini strumentali come il doppler transcranico con microembolizzazione l’ecocardiografia transesofagea, oggi la tendenza è consigliare di procedere alla chiusura del forame ovale quando è considerato moderato o grave per prevenire l’insorgenza soprattutto di accidenti cerebrali quali l’ictus. La procedura di chiusura si consiglia anche nei pazienti emicranici con problemi all’apparato uditivo e con acufene. Contemporaneamente il paziente viene trattato con particolari protocolli farmacologici e riabilitativi che consentono di ridurre , se non di azzerare completamente, l’acufene.