Non è bastato il post sul blog del Movimento 5 Stelle firmato dai senatori pentastellati per frenare le polemiche sulle dinamiche interne e sul ruolo del capo politico M5s. La parola “scissione“, sdoganata dopo l’operazione di Renzi che ha dato il via a Italia Viva e che ha visto aderire al nuovo gruppo anche la senatrice eletta con i grillini Gelsomina Silvia Vono, non è più un tabù. E soprattutto parte da lontano, dal flop del Movimento 5 stelle alle europee, ma riesplode con la formazione del governo giallorosso. Settanta senatori hanno firmato un documento in cui chiedono che non sia solo Luigi Di Maio a prendere decisioni sulla direzione politica del Movimento chiedendo collegialità e cariche elettive.
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La questione va a intrecciarsi con una diaspora annunciata a destra come a sinistra: da una parte Salvini e Crippa favoleggiano di venti senatori pronti a lasciare per unirsi alla Lega, dall’altra Renzi ne annuncia l’arrivo di cinque. «Non vado a cercare nessuno – ha detto Salvini – Ma se qualcuno si sente tradito e vede nella Lega la possibilità di portare avanti battaglie di onestà e di concretezza io non dico no a nessuno, se sono persone perbene». Per il momento, intanto, una sola senatrice ha lasciato il Movimento Cinquestelle per confluire nel gruppo Italia Viva-Psi. Gelsomina Silvia Vono era data come possibile sottosegretario ma la nomina è sfumata. E, con lei, altri eletti nell’uninominale sarebbero tentati di lasciare. Ma sono voci, ipotesi che si rincorrono, decisioni che vertono su situazioni personali più che correnti organizzate e gruppi di potere pronti a spostarsi.
«Ho preso una decisione importante, difficile e sofferta ma improcrastinabile che mi dà finalmente la possibilità̀ di ragionare in termini democratici. Mi sono messa più volte in discussione in questi mesi di legislatura e ho messo in discussione tanti principi che forse qualcuno si illude ancora di avere come guida ma, appunto, è solo una fragile illusione» ha dichiarato Gelsomina Silvia Vono. Matteo Renzi, secondo la senatrice, «ha dimostrato coraggio, lungimiranza e determinazione. Se ha sbagliato qualcosa nel suo percorso precedente, ne ha fatto tesoro, sapendo farsi da parte, rispettando l’impegno preso con gli italiani. Ha continuato a lavorare con intelligenza e in piena libertà e onestà intellettuale, ha scelto di esporsi coraggiosamente, un’altra volta, per l’Italia». «Il mio impegno – ha aggiunto – resta costante nella convinzione che sono stata eletta per servire il Paese e non un movimento o un partito né per rafforzarne le fila».
L’unità del M5s dipenderà dall’elezione del nuovo capogruppo in Senato (possibile Danilo Toninelli) e dei dieci «facilitatori», che si andranno ad affiancare ai referenti regionali, in quella riorganizzazione lanciata a febbraio e poi impantanata. «Il futuro del movimento è un’organizzazione, non una struttura, che aiuti i cittadini a fare arrivare le proprie istanze, i propri problemi», torna a chiarire Di Maio. Ma la situazione è esplosiva. I focolai di rivolta sono tanti, sparsi qua e là. Si contesta di tutto a Di Maio. C’è chi non ha ancora digerito ‘accordo con il Pd. E chi addirittura invoca il ritorno di Beppe Grillo.