Enrico Letta punta tutto sui giovani. L’ex premier e direttore dell’Istituto di Studi politici a Parigi dalle colonne di Repubblica chiede al nuovo governo di riaprire il fascicolo Ius culturae e di abbassare l’età di voto a sedici anni: «Il mio lavoro sono i ragazzi, è a loro che bisogna pensare». Proposte che l’ex premier giudica urgenti e facilmente approvabili in parlamento con questa maggioranza. «È un modo per dire a quei giovani che abbiamo fotografato nelle piazze, lodando i loro slogan e il loro entusiasmo: vi prendiamo sul serio e riconosciamo che esiste un problema di sottorappresentazione delle vostre idee, dei vostri interessi. Il momento è ora, non si aspetti per ottenere di più».
LEGGI ANCHE: Fridays for future in Italia, Greta: «Immagini incredibili!»
Anche Salvini nei giorni delle manifestazioni per il clima aveva parlato di dare il voto ai sedicenni: «Viva i ragazzi che scendono in piazza. È un fatto positivo, ripresenteremo la proposta di legge per abbassare a 16 anni il diritto di voto, i ragazzi oggi sono informati». A favore del diritto di voto a 16 anni (ma anche a 14) il garante del M5s, Beppe Grillo, che solo alcuni mesi fa condividendo un articolo di Franco Maranzana e Gabriele Gattozzi apparso sul suo blog, sosteneva la necessità di estendere il diritto di voto anche ai minorenni: «A 14 anni un ragazzo può guidare un ciclomotore e una minicar ma non può votare. Ragazze e ragazzi già ampiamente maturi e preparati vengono tenuti fuori sulle decisioni riguardo il loro futuro. È normale?».
Queste posizioni, anche se provenienti da aree politiche diverse, partono tutte da una medesima considerazione: dato che i governi prendono decisioni che saranno determinanti sugli interessi futuri delle giovani generazioni (si pensi al recente referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea), è giusto che i più giovani abbiano il diritto di far sentire la propria voce e di far pesare i propri interessi. Inoltre un allargamento del diritto di voto ai sedicenni e diciassettenni costituirebbe un passo fondamentale (analogamente all’allargamento del suffragio alle donne all’inizio del Novecento) verso il riconoscimento di una più compiuta eguaglianza fondamentale tra i cittadini delle democrazie liberali.
Una tipica obiezione che viene mossa a chi si oppone all’allargamento del voto consiste nel sostenere che i sedicenni sarebbero politicamente immaturi o indifferenti alla politica. Ma abbassare il voto a 16 anni va nella direzione di dare più peso alle nuove generazioni. Se a 16 anni è possibile lavorare e pagare le tasse, perché si è esclusi dal poter contribuire a decidere chi gestirà il bene pubblico. Per l’ex premier Enrico Letta è «una riforma costituzionale da fare in un anno». Una riforma a costo zero che includa ai giovani nelle decisioni collettive è un segno importante di fiducia verso di essi e di chiamata alla responsabilizzazione. Starà a loro poi farne il miglior uso.
In alcuni Paesi europei l’abbassamento dell’età minima legale per votare dai 18 ai 16 anni è già realtà: in Scozia gli under 18 hanno potuto votare al Referendum per l’Indipendenza del 2014 e dal 2015 i più giovani possono esprimere il loro voto in tutte le consultazioni politiche (nazionali e locali) del loro Paese. In Austria il voto agli under 18 è realtà dal 2007. In Germania il diritto di voto ai sedicenni è garantito nelle elezioni dei Parlamenti di alcuni Länder. Infine, tra i Paesi extra-europei che permettono il voto agli under 18, figurano Argentina, Brasile, Cuba , Ecuador, Nicaragua (in Argentina e Brasile il voto è obbligatorio per la fascia di età dai 18-70 anni).