Il presidente americano Donald Trump ha firmato il decreto con cui dà il via libera alle sanzioni Usa alla Turchia per il suo attacco ai curdi nel Nordest della Siria. In un comunicato diffuso dal ministero del Tesoro statunitense, si spiega che le sanzioni sono state decise perché «le azioni del governo turco stanno mettendo in pericolo civili innocenti e destabilizzando la regione, e stanno indebolendo la campagna per sconfiggere l’Isis». Una prima debole reazione americana a cui il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha risposto con un editoriale pubblicato sul Wall Street Journal: «La comunità internazionale deve sostenere gli sforzi del nostro Paese o cominciare ad accettare i rifugiati dalla Siria».
LEGGI ANCHE: Conflitto in Siria, la Turchia arruola milizie jihadiste contro i curdi
Gli Stati Uniti imporranno dazi raddoppiati al 50% sull’acciaio importato dal Paese, riportandoli al livello precedente ad una riduzione avvenuta a maggio. E ha decretato lo stop a negoziati verso un accordo commerciale bilaterale da cento miliardi di dollari. L’ordine consentirà anche una escalation delle sanzioni, contro «chi sia coinvolto in serie violazioni dei diritti umani, nell’ostruzione di cessate il fuoco, nell’impedire il rientro a sfollati, nel forzato rimpatrio di rifugiati o nel minacciare la pace, la sicurezza e la stabilità in Siria». Le ulteriori misure potrebbero prendere la forma di «provvedimenti finanziari, sequestro di proprietà e divieto all’ingresso negli Stati Uniti».
Secondo diversi osservatori la mossa di Trump di sanzionare la Turchia sarebbe un tentativo un po’ grossolano di rimediare al ritiro delle forze statunitensi dal Nordest della Siria. L’operazione turca, infatti, era iniziata proprio dopo la decisione di Trump di ritirare le truppe, di fatto togliendo quello che il governo di Erdogan considerava l’ultimo ostacolo per avviare l’attacco militare contro i curdi siriani: considerato che i curdi siriani per anni erano stati preziosi alleati degli Stati Uniti nella guerra contro l’Isis, la decisione di Trump era stata definita da molti un “tradimento“. Il cambio di politica statunitense ha avuto negli ultimi giorni conseguenze incredibilmente rilevanti, che hanno provocato uno degli eventi più importanti in Siria da quando è iniziata la guerra, nel 2011: cioè la decisione curda di cercare protezione da altre parti, dopo il passo indietro degli Stati Uniti, e il conseguente accordo firmato con il regime siriano di Bashar al Assad, appoggiato dalla Russia.
Adesso Casa Bianca intima alla Turchia di «non mettere a repentaglio» i successi ottenuti nella regione contro l’Isis. «L’azione della Turchia sta facendo precipitare una crisi umanitaria e crea le condizioni per possibili crimini di guerra. Sono del tutto pronto a distruggere rapidamente l’economia turca se i leader del Paese continueranno su questo cammino pericoloso e distruttivo», ha detto Trump. Sanzioni, appelli e minacce dovranno pero’ dimostrare la loro efficacia: la Casa Bianca non ha menzionato embarghi a forniture belliche. Trump ha inoltre riaffermato che le truppe americane nell’area non svolgeranno alcun ruolo: ha confermato il ritiro dei militari dal nord della Siria ad eccezione di una piccola guarnigione nella base meridionale di At Tanf per continuare missioni anti-Isis. Ma il governo turco ha finora fatto sapere che eventuali sanzioni, americane e europee, non fermeranno la sua offensiva.