Neanche il tempo di essere siglato che l’accordo per il cessate il fuoco in Siria è stato già violato, stando almeno a quanto denunciano i curdi. Sarebbero stati registrati, infatti, scontri e bombardamenti di artiglieria da parte delle milizie di Erdogan e dei suoi alleati lungo il confine nordest della Siria. L’Osservatorio siriano per i diritti umani denuncia razzi turchi contro la città siriana di Ras al-Ayn. L’agenzia curda Firat riporta che durante i raid sarebbero morti 5 combattenti curdo-siriani, mentre altri 2 sarebbero rimasti feriti. La stessa fonte sostiene che i bombardamenti hanno ferito 8 civili in un altro villaggio della zona.
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Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che i miliziani curdi avrebbero già iniziato la ritirata dalla zona di sicurezza come concordato con gli Stati Uniti. «Daremo a Ypg – ha spiegato il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu – cinque giorni di tempo per abbandonare l’area, le armi pesanti verranno ritirate e le loro postazioni verranno distrutte. L’area sarà messa sotto il controllo dell’esercito turco. Il nostro intervento potrà considerarsi finito solo quando tutti i miliziani Ypg avranno abbandonato l’area. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di liberare dai terroristi un’area profonda 32 km a est dell’Eufrate e costituirvi una safe zone. Gli Stati Uniti garantiscono che tutti i terroristi lasceranno l’area nelle prossime 120 ore».
L’intesa Usa-Turchia è stata messa nero su bianco su un documento in 13 punti e prevede, tra l’altro, il ritiro delle sanzioni attuali emesse da Washington contro Ankara. Secondo l’accordo raggiunto ieri dal vice presidente americano Mike Pence con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan i combattenti curdi hanno cinque giorni di tempo per ritirarsi dalla “zona di sicurezza”, che la Turchia ha indicato in 32 chilometri di profondità a partire dal confine, nel nord-est della Siria. A quel punto, i turchi dovrebbero fermare l’offensiva e ritirarsi, ma la fascia di sicurezza dovrebbe diventare una sorta di protettorato turco in Siria lungo 120 chilometri. La città simbolo di Kobane è per ora esclusa da questi accordi.
Ma nonostante la tregua di cinque giorni le operazioni non si sono interrotte. A confermare il persistere degli scontri è l’Osservatorio siriano per i Diritti umani, secondo cui 20 cittadini sarebbero stati feriti però dai colpi di pistola sparati durante i festeggiamenti per il cessate il fuoco nella città di Al-Hasaka, Al-Qamishli. Mustafa Bali, responsabile dell’ufficio stampa delle forze siriane democratiche, rende noto che «nonostante il cessate il fuoco, attacchi aerei e di artiglieria continuano a prendere di mira le postazioni di combattenti, gli insediamenti civili e l’ospedale di Serêkaniyê/Ras al-Ayn. La Turchia sta violando il cessate il fuoco continuando ad attaccare la città da ieri sera».
Despite the agreement to halt the fighting, air and artillery attacks continue to target the positions of fighters, civilian settlements and the hospital in Serêkaniyê/Ras al-Ayn. Turkey is violating the ceasefire agreement by continuing to attack the town since last night.
— Mustafa Bali (@mustefabali) October 18, 2019
Intanto, Amnesty International ha denunciato quelli che sarebbero «crimini di guerra» commessi dall’esercito turco e le milizie siriane sue alleate durante l’operazione militare contro i curdi nel nord-est della Siria. L’ong sostiene che «le informazioni raccolte forniscono prove schiaccianti di attacchi indiscriminati in aree residenziali, compresi attacchi a una casa, un panificio e una scuola, condotti dalla Turchia e dai gruppi armati siriani suoi alleati». Tra i casi segnalati anche l’esecuzione dell’attivista curda Hevrin Khalaf. Le accuse di Amnesty sono basate sulle testimonianze di 17 persone tra cui operatori dei soccorsi, medici, giornalisti e gente comune.
We have evidence that Turkish military & coalition of Turkey-backed Syrian armed groups carried out serious violations & war crimes, including summary killings & unlawful attacks that have killed & injured civilians, during offensive in northeast Syria. https://t.co/wozimXUFPG
— Amnesty International (@amnesty) October 18, 2019