Quando indossarono per la prima volta i gilet gialli i manifestanti erano automobilisti, contadini, commercianti, operai che approfittando dell’aumento del prezzo del carburante volevano mandare un chiaro messaggio all’Eliseo contro le politiche messe in atto dal presidente Emmanuel Macron. E fu l’inizio della rivoluzione gialla che per oltre cinquanta fine settimana ha invaso le piazze di Parigi. Ma con il passare del tempo la protesta si è radicalizzata i protagonisti sono cambiati. Il ceto medio ha lasciato il posto a frange violente di manifestanti. E oggi che i gilet gialli compiono il primo compleanno, cercano la loro rivincita.
Per rilanciare un movimento rimasto in sordina negli ultimi mesi i leader dei gilet gialli hanno deciso di convocare 270 diversi tipi di manifestazioni in tutta la Francia per questo fine settimana. Il fulcro dell’attività sarà Parigi dove è previsto l’arrivo di diverse migliaia di manifestanti. La polizia ha ordinato di chiudere diverse fermate della metro e stazioni dei treni regionali. Il vice ministro dell’Interno, Laurent Nunez, ha voluto mettere in guardia sul fatto che si registra «un maggiore interesse» nelle iniziative dei Gilet gialli, rispetto alle settimane passate.
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Il movimento è nato sui social media per protestare inizialmente soprattutto contro il prezzo dei carburanti e contro il caro vita. I video virali su Facebook di Eric Drouet, un autotrasportatore diventato in poco tempo uno dei leader del movimento, e di Jacline Mouraud, in cui se accusavano il presidente francese Emmanuel Macron e il suo governo di essersi accaniti contro gli automobilisti, hanno segnato l’inizio di una lunga ondata di protesta arrivata fino ad oggi. Il 17 novembre di un anno fa circa 300mila manifestanti, con il famoso gilet catarifrangente giallo che diventerà il loro segno distintivo, bloccano le principali strade di tutta la Francia.
Sabato dopo sabato le manifestazioni si trasformano in un’estesa rivolta popolare che arriva a scuotere il presidente della Repubblica Emmanuel Macron e il governo guidato da Édouard Philippe. Una vera e propria crisi sociale che costringe il governo, a dicembre 2018, a varare misure d’urgenza: vengono congelate alcune riforme e stanziati quasi 17 miliardi di euro in riduzione di tasse e aumento delle prestazioni sociali. Macron lancia un “grande dibattito nazionale” e inizia a girare la Francia per parlare ai francesi.
A poco a poco la mobilitazione perde di intensità ma il 16 marzo 2019, in occasione dell’atto XVIII, si registrano forse i danni e i saccheggi più importanti. Oltre 10mila gilet gialli mettono a ferro e a fuoco Parigi. Violenze che segnano un punto di rottura all’interno del movimento. A maggio, in mancanza di una struttura e nell’impossibilità di riunire i gilet gialli in un’unica lista, arriva il flop alle Europee. Il movimento, infatti, rappresentato da alcune liste non passa la prova delle urne raccogliendo meno dell’1% dei suffragi. L’Alliance Jaune guidata dal cantante francese Francis Lalanne ottiene lo 0,54% mentre Evolution citoyenne di Christophe Chalençon, noto alle cronache per aver incontrato l’allora vicepremier Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista a febbraio 2019 scatenando una crisi diplomatica tra la Francia e l’Italia, ottiene appena lo 0,01%.
Ora, dopo un anno di mobilitazione, i gilet gialli sembrano ancora riscontrare i favori della popolazione anche se prevale una certa esasperazione per i sabati di protesta che hanno pesanti conseguenze sullo svolgimento delle normali attività quotidiane di migliaia di francesi. Secondo un sondaggio dell’Istituto Elabe per conto di Bfm Tv, pubblicato il 13 novembre, circa il 55% dei francesi interrogati approvano la mobilitazione dei gilet gialli ma oltre 6 francesi su 10 auspicano uno stop delle manifestazioni. Secondo un sondaggio dell’Odoxa-Dentsu Consulting, pubblicato ieri dal quotidiano Le Figaro, i Gilet gialli godono ancora del sostegno di 2 francesi su 3.