Ai tempi del narcisismo social un sorriso perfetto è d’obbligo: denti ultra bianchi da sfoggiare nei selfie e nelle stories su Instagram. Una mania collettiva che spiega i dati raccolti di recente dall’Accademia Italiana di Odontoiatria Conservativa e Restaurativa (Aic), secondo cui si può parlare di un vero boom per le richieste di sbiancamento: ogni anno sono circa 120 mila gli italiani che ricorrono a trattamenti sbiancanti. C’è chi si affida a professionisti esperti e chi, invece, preferisce utilizzare dentifrici, gel, strisce, collutori e altri trattamenti schiarenti “fai da te” che si possono trovare in farmacia, in profumeria e al supermercato. Ma in questa corsa ad avere denti “bianchi che più bianchi non si può”, come il bucato delle pubblicità, c’è però da chiedersi se non sia nascosto qualche rischio per la salute. Ne parliamo la dr.ssa Cristina Vitale, consulente in ortognatodonzia ed odontoiatria infantile presso diversi studi in Sicilia e a Roma, e membro dell’A.S.I.O. (Associazione specialisti italiani ortodonzia).
A cosa è dovuto il cambiamento del colore dei denti con il passare degli anni?
«Con il passare del tempo il colore dei denti tende a farsi sempre meno bianco sia a causa di un processo di assottigliamento dello spessore dello smalto sia per un progressivo scurimento della dentina legato al fisiologico invecchiamento oppure provocato da danni traumatici, malattie (come, ad esempio, la florosi) ed assunzione di particolari farmaci come le tetracicline. L’ingiallimento e le discromie possono essere inoltre causati da un consumo eccessivo di cibi e bevande fortemente pigmentanti (caffè, tè, coca cola), dal fumo e dalla scarsa igiene orale».
Cosa si può fare per ripristinare il bianco naturale dei denti?
«Nel caso in cui i denti siano pigmentati a causa di stili di vita errati o scarsa igiene orale, si potrebbero ottenere già dei buoni risultati attraverso una profonda pulizia professionale: ci si può sottoporre a una tecnica di deplaquing, che consente di eliminare le discromie. Si passa poi alla procedura di eliminazione dell’eventuale tartaro e tessuto con la tecnica del debridement. Se queste tecniche, che servono per mantenere il cavo orale in salute, non danno gli esiti sperati, si può ricorrere allo sbiancamento vero e proprio».
In cosa consiste lo sbiancamento dei denti?
«Lo sbiancamento dentale è un processo chimico di ossido-riduzione che prevede l’uso di sostanze sbiancanti a base di perossido di idrogeno o di carbammide a concentrazioni diverse a seconda del tipo di macchie e del grado di bianco a cui si ambisce. Questo trattamento prevede, sempre dopo una prima visita odontoiatrica ed una seduta di igiene orale, l’applicazione sui denti del gel sbiancante, che sarà poi attivato o semplicemente velocizzato nella sua azione dalla luce di lampade a led o dal laser».
Queste sostanze possono danneggiare lo smalto?
«Spesso false dicerie, o semplicemente la cattiva informazione, hanno condizionato negativamente i pazienti che volevano sottoporsi allo sbiancamento dentale portandoli a credere che i prodotti chimici del materiale sbiancante danneggiassero le strutture dello smalto dentale. Non è così assolutamente. È stato infatti dimostrato da numerosi studi scientifici che le strutture dentarie rimangono indenni anche con l’utilizzo di sbiancanti ad alte percentuali».
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I dentifrici sbiancanti o i trattamenti “fai da te” sbiancano realmente i denti?
«I trattamenti e i dentifrici sbiancanti potrebbero essere utili per la fase di mantenimento post-sbiancamento professionale. Lo sbiancamento che si ottiene con questi dentifrici, infatti, è davvero blando. Ne esistono tantissimi in commercio e bisogna distinguerli in quelli che possono dare risultati smacchianti e quelli che possono dare risultati sbiancanti. I primi sono abrasivi (a base di bicarbonato di sodio, silice, fosfato tricalcico, ecc), e per questo li sconsiglio vivamente. Agiscono meccanicamente e per sfregamento solo sulle macchie estrinseche dei denti. I dentifrici ad azione sbiancante invece (a base di tripolifosfato di sodio, monofluorofosfato di sodio, ecc.), agendo chimicamente sulle pigmentazioni danno dei minimi risultati, ma pur sempre trascurabili. Lo sbiancamento effettuato professionalmente in studio è decisamente più performante e rapido rispetto a quello fatto in casa».
Ci sono dei rischi connessi all’utilizzo di questi trattamenti casalinghi?
«Lo sbiancamento dei denti, come detto precedentemente, è un procedimento basato su un processo chimico. Specifici prodotti contenenti perossido di idrogeno o perossido di carbammide a contatto con lo smalto dentale liberano molecole di ossigeno. Le molecole d’ossigeno hanno la capacità di neutralizzare i pigmenti che sono alla base delle macchie sui denti. Lo sbiancamento dentale è dunque un trattamento medico che dovrebbe sempre essere eseguito da mani esperte e soprattutto da professionisti che possano valutare anche la storia clinica del paziente prima di sottoporlo al trattamento. Procedere con i rimedi della nonna o lo sbiancamento dentale con prodotti acquistati online potrebbe rappresentare un rischio: nel primo caso perché si potrebbero non ottenere i risultati sperati; nel secondo caso non è sempre possibile avere la garanzia sulla qualità dei prodotti acquistati e sulla loro effettiva efficacia nel lungo periodo. Prodotti di scarsa qualità o non certificati potrebbero favorire l’insorgere di infiammazioni nel cavo orale o dare origine a un’ipersensibilità dei denti».
Ci sono delle controindicazioni allo sbiancamento?
«In termini di sicurezza, se viene effettuata una corretta valutazione che tenda ad escludere dal trattamento sbiancante quei soggetti che presentano situazioni a rischio, quali presenza di forte ipersensibilità dentinale, gravi perdite di smalto, estesi restauri, gravi recessioni gengivali, lo sbiancamento è una tecnica che se condotta correttamente non produce rischi per la salute dei denti».
A chi è consigliato?
«A tutti coloro che vogliono ottenere un miglioramento estetico della colorazione dei denti. Non lo consiglio prima dei 18 anni di età. Questo perché il perossido di idrogeno ad alto volume potrebbe procurare forti sensibilità dentinali dato che la polpa è ancora molto ampia e non ha grandi spessori di tessuto che la proteggono dagli stimoli esterni. Lo sbiancamento è poi controindicato nelle donne in gravidanza».
Quanto durano gli effetti del trattamento?
«Gli effetti del trattamento non sono permanenti e la durata è difficile da prevedere con certezza. La differenza la fanno le abitudini del paziente. Una igiene orale inadeguata, il fumo e i cibi altamente pigmentanti come caffè, tè, orzo, cola, bevande con coloranti, mirtilli, soia, possono certamente ridurre i tempi della durata di un trattamento sbiancante. In linea di massima, la durata media di un trattamento è di circa un anno, ma è molto soggettivo, e può durare di più se il paziente è più attento nell’evitare o ridurre queste sostanze, sottoponendosi ai suoi controlli periodici ed un’igiene orale semestrale»