Almeno 106 persone sono state uccise in Iran durante le manifestazioni contro il caro benzina, secondo Amnesty International. «Ma il vero bilancio delle vittime potrebbe essere molto più alto, con alcune notizie che portano il numero degli uccisi fino a 200», denuncia l’organizzazione. Amnesty International afferma di essere arrivata a questa conclusione attraverso «video verificati, testimoni oculari e informazioni raccolte da attivisti fuori dall’Iran», che mettono in luce una serie di «uccisioni illegali da parte delle forze di sicurezza iraniane».
At least 106 protesters in 21 cities have been killed in #Iran, according to reports we have received. Verified video footage, eyewitness testimony & information gathered from activists outside Iran reveal a harrowing pattern of unlawful killings by Iranian security forces.
— Amnesty International (@amnesty) November 19, 2019
Secondo le informazioni pubblicate sui media iraniani, solo cinque decessi sono stati confermati ufficialmente, fra cui quelli di tre agenti delle forze dell’ordine. Invece unità delle forze di sicurezza iraniane, denuncia Amnesty, hanno trascinato via corpi privi di vita e e feriti da strade e ospedali, senza fornire alcuna notizia ai parenti delle vittime. Secondo l’organizzazione, le forze di sicurezza «hanno ricevuto il via libera per schiacciare» le manifestazioni, che sono cominciate venerdì scorso dopo l’annuncio a sorpresa da parte del governo di un aumento del prezzo del carburante. La Ong riferisce che nei filmati si vedono «cecchini sui tetti degli edifici che sparano sulla folla e, in un caso, un elicottero».
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Intanto, da più di due giorni in Iran è impossibile accedere a Internet per la maggior parte della popolazione. Le prime interruzioni sono cominciate venerdì 15 novembre, contemporaneamente alle prime manifestazioni di protesta per via dell’aumento dei prezzi del carburante. Man mano che le manifestazioni si sono fatte più intense, i principali operatori telefonici iraniani hanno interrotto completamente i propri servizi. Anche il Rapporto sulla Trasparenza di Google rileva che a partire dal 15 novembre c’è stata una brusca interruzione del traffico proveniente dall’Iran su tutti i servizi dell’azienda. Secondo Amnesty, il perdurante blocco di Internet servirebbe «a creare un black-out dell’informazione sulla brutale repressione».