AAA laureati cercasi. Nei prossimi 5 anni il mercato del lavoro italiano avrà bisogno di un milione di laureati, ma i nostri atenei ne sforneranno circa centomila in meno. Se alla scarsa offerta di laureati si aggiunge il forte disallineamento fra i percorsi di studio scelti e le richieste del mercato del lavoro il dato diventa allarmante: mentre infatti ci saranno fin troppi laureati in discipline politico-sociali, umanistiche e psicologiche, non solo gli ospedali faranno sempre più fatica ad approvvigionarsi di medici, ma mancheranno anche ingegneri, architetti, manager, scienziati, statistici e, un po’ a sorpresa, i laureati in giurisprudenza. Sono questi solo alcuni dei numeri del nuovo rapporto Excelsior sui fabbisogni occupazionali 2019-2023 di Unioncamere e Anpal.
Lo studio, elaborando i dati del Miur, rileva che nel periodo 2019-2023 il totale dei neo-laureati ammonterà a 893.600 unità a fronte di una domanda di personale laureato che andrà tra le 959mila e le 1.014unità. Quindi, mancheranno all’appello da 65.400 a 120.200 titolari di pergamena. Il settore che soffrirà di più la mancanza di candidati a coprire i posti vacanti sarà quello medico-sanitario, che avrà la maggiore offerta di impieghi, fino a 175.800, ma una disponibilità di solo 109.400 professionisti da assumere. Ma ci sarà carenza di circa 30mila economisti e 30mila ingegneri e addirittura circa 50mila specialisti in materie giuridiche, a fronte di un surplus di 10mila insegnanti, di 30mila operatori del sociale e di 9mila esperti agroalimentari.
Il sistema formativo italiano dovrà anche prepararsi a rispondere alle sfide dei cambiamenti nei trend produttivi dei settori economici, che saranno fortemente influenzati dalla pervasività della rivoluzione tecnologica e dalla necessità di riorientare le scelte produttive verso un green new deal. In particolare, le imprese ricercheranno tra i 275mila e i 325mila lavoratori con specifiche competenze matematiche e informatiche, digitali e social o relative agli sviluppi nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale o dei big data e delle tecnologie 4.0. Ciò si tradurrà non soltanto in una richiesta di nuove figure professionali o di figure già esistenti in grado di gestire le rapide trasformazioni tecnologiche, ma anche nella necessità di un continuo adeguamento delle competenze digitali per tutte le figure che saranno richieste.