Alitalia continua a volare, almeno fino al prossimo 31 maggio. Chiusa la partita del salvataggio guidato da Ferrovie dello Stato, per il passo indietro di Atlantia, la compagnia di bandiera ha ancora una volta fatto rifornimento dalle casse dello Stato. Il consiglio dei ministri ha approvato il decreto che sblocca il prestito ponte su Alitalia assicurando il finanziamento di 400 milioni di euro per sei mesi. Una mossa per guadagnare tempo e trovare una nuova soluzione che eviti il fallimento.
La nuova iniezione di capitali è necessaria per tenere in vita la compagnia visto che non è stato possibile trovare un acquirente sul mercato. «Il prestito – si legge in una nota di Palazzo Chigi – è destinato a finanziare le indifferibili esigenze gestionali di Alitalia e l’esecuzione, da parte dell’organo commissariale, del piano delle iniziative e degli interventi funzionali all’efficientamento della struttura nonché alla tempestiva definizione del trasferimento dei complessi aziendali, affinché sia assicurata la discontinuità, anche economica, della gestione da parte del soggetto cessionario».
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Insomma dopo sette proroghe e i primi 900 milioni di euro pubblici andati in fumo, il governo riporta indietro le lancette al punto di partenza e punta su un nuovo bando di gara, che verrà però prima accompagnato da un piano di tagli e ristrutturazioni per rendere la compagnia più appetibile soprattutto ai tedeschi di Lufthansa, interessati da sempre alle rotte e ai voli di Alitalia, ma non a caricarsi dei costi del personale in esubero.
Quello che prefigura il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli è una soluzione della crisi che passi per due step. Il percorso per rilanciare la compagnia potrebbe essere quello «di fare una struttura commissariale che abbia come obiettivo la ristrutturazione e poi la remissione sul mercato o la nazionalizzazione». L’ingresso dello Stato non è quindi più un tabù. «Può non essere un evento negativo», esplicita il ministro. Ma la strada preferenziale resta la vendita a privati. Per ora, comunque, Alitalia continuerà quindi a volare con soldi pubblici in amministrazione straordinaria, come sta facendo dall’aprile del 2017 quando Etihad staccò la spina e i lavoratori bocciarono successivamente in un referendum un piano di ricapitalizzazione da due miliardi di euro e con circa 1.000 esuberi.