Secondo la relazione della Corte dei Conti sulle concessioni autostradali, sono quasi 6 miliardi di euro (5.901 milioni) i ricavi netti da pedaggio, ma allo Stato sono arrivati poco meno di 900 milioni. In un momento di conflitto tra il Governo e Autostrade per l’Italia, l’ultima relazione della Corte dei Conti sulle concessioni autostradali fa luce su quali siano i reali profitti dello Stato e di quali invece siano gli incassi effettuati dalle società.
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— Corte dei conti (@CorteContiPress) December 24, 2019
Dopo la difficile Legge di Bilancio, si prospetta un inizio d’anno infuocato per il governo Conte. Primo fra tutti, ci sarà da sciogliere il nodo concessioni autostradali. La ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli,rimanda tutto a gennaio. Nella confusione generale entra a gamba tesa il report della Corte dei Conti, secondo cui il fatturato generato dal mondo delle concessioni è quasi interamente dovuto a ricavi netti da pedaggio. Dei 7.196 milioni di euro del solo 2017, quasi 6 miliardi provengono da lì. Ma la quota andata allo Stato è inferiore ai 900 milioni. Così spiega la Corte, citando Bankitalia: «Ogni chilometro di autostrada genera annualmente ricavi medi per oltre 1,1 milioni: 300 mila per lo Stato e 850 mila per le concessionarie, beneficiarie anche dei ricavi da subconcessioni e da altre attività commerciali svolte sulla rete», si legge nel rapporto della Corte dei Conti, dove i magistrati contabili hanno fatto un bilancio degli ultimi anni dal 2011 al 2017.
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Dice ancora la Corte che per le concessionarie «il margine operativo lordo è stato, per il 2017, di 4.147 milioni, mentre il risultato operativo aggregato di 2.822 milioni. Tendenzialmente, dal 2012, si registra un incremento del margine operativo lordo e del risultato operativo, grazie ai maggiori ricavi conseguiti dalle concessionarie. Il risultato netto aggregato di esercizio è, per il 2017, di 1.582 milioni, con un incremento ragguardevole, rispetto all’anno precedente, del 42%».
Il settore ha registrato, nel 2017, «un valore di spesa per investimenti in beni devolvibili di 958,7 milioni», il 10% in meno sull’anno prima «che si somma al netto calo dell’esercizio 2016 su quello del 2015 del 24%». Secondo Aiscat, ricorda la stessa relazione, per giustificare la riduzione degli investimenti degli ultimi anni, vanno considerate le «incertezze normative, gli abnormi tempi di approvazione dei progetti, nonché, da ultimo, lo stallo relativo all’approvazione dell’aggiornamento dei piani economico-finanziari». Sta di fatto che alla fine del 2016, la spesa totale del periodo 2008-2016 ammontava a 15.069 milioni, “notevolmente inferiore rispetto alle previsioni dei piani finanziari, di 21.709 milioni, con una percentuale di attuazione del 69%».