La chiamata alle armi del generale Khalifa Haftar, che invocava «il jihad e la mobilitazione generale» contro l’ intervento militare turco, ha scatenato una violenta offensiva a Tripoli. L’ultimo doppio attacco all’Accademia militare di Tripoli e all’unico aeroporto attivo nella capitale libica avrebbe causato decine di morti. Secondo fonti ufficiali sarebbe di 28 studenti morti e 18 feriti il bilancio provvisorio di un bombardamento aereo delle forze del generale sul Collegio militare di Tripoli. Un portavoce del generale Haftar ha rivendicato la responsabilità dell’attacco aereo: «I cadetti di quel college sono miliziani», ha affermato Khaled Al-Mahjoob in una dichiarazione ad Alhurra TV, ripresa dal Libya Observer. Una dichiarazione che secondo altre fonti sarebbe stata smentita poco dopo, ma la cui veridicità appare confermata.
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La rivendicazione è coerente con le illazioni già fatte circolare sui siti vicino al generale Haftar, secondo cui nell’Accademia di polizia erano concentrati alcuni dei miliziani siriani che il governo turco avrebbe spostato in Libia per farli combattere dalla parte di Serraj. Quindi non cadetti di polizia, ma combattenti per il Governo di Accordo Nazionale. In risposta all’attacco il Governo di accordo nazionale libico di Tripoli riconosciuto dalla comunità internazionale ha chiesto una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite «per discutere delle atrocità e dei crimini di guerra di Haftar».
Sale dunque, inevitabilmente, anche la minaccia per l’Italia, sia per l’arrivo di barconi carichi di migranti, sia per la possibile offensiva fondamentalista. Un rischio tanto elevato da convincere il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a intensificare i contatti con alleati e Unione Europea, ma soprattutto con i possibili partner in Africa e Medio Oriente. Ecco perché ha sollecitato una missione in Libia con i ministri degli Esteri di Inghilterra, Germania e Francia, guidati dall’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell.
Di Maio aveva avuto colloqui sia con il generale Haftar, sia con il premier Al Serraj in un tentativo di collaborazione che però difficilmente potrà adesso portare frutti. Anzi. Dopo l’ annuncio di Erdogan sull’ intervento militare e la reazione di Haftar, l’ Italia dovrà giocare una nuova partita diplomatica e certamente non potrà farlo da sola. «Siamo in prima linea, dobbiamo avere un ruolo attivo. Bisogna mettere da parte la propaganda». È convinto «di dover dare il massimo perché di terreno se ne è perso fin troppo, ma come Italia dobbiamo provare a recuperare. Non ho la bacchetta magica né la verità in tasca, ma so cos’è il sistema Paese».
Ma dopo gli ultimi attacchi la missione europea del 7 gennaio è sempre più rischio, innanzitutto perché il bombardamento da parte di Haftar dell’aeroporto di Tripoli ha di fatto chiuso l’unico accesso aereo finora attivo nella capitale libica. A Tripoli, secondo quanto riporta Repubblica, sta anche crescendo una forte protesta contro l’Italia e l’Europa da ambienti politici vicini alla Turchia, che accusano i governi europei di essere intervenuti fin troppo in ritardo.