«Vinciamo in Emilia Romagna, e poi cambio tutto: sciolgo il Pd e lancio il nuovo partito». È una vera e propria rivoluzione quella che il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, è pronto a lanciare all’interno del suo partito. «Non penso a un nuovo partito, ma a un partito nuovo, un partito che fa contare le persone ed è organizzato in ogni angolo del Paese. In questi mesi la domanda di politica è cresciuta, non diminuita. E noi dobbiamo aprirci e cambiare per raccoglierla», ha spiegato il segretario dem in una intervista a Repubblica.
Anche il nome dell’attuale partito dem sarebbe in discussione: «Lo decideremo», ha aggiunto il segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, intervistato da Repubblica. Il segretario parla di un Pd che apra «alla società civica e ai movimenti che stanno riempiendo le piazze in queste settimane». In primis alle sardine. Il segretario del sa benissimo, come hanno mostrato anche gli ultimi sondaggi, che se le sardine si presentassero alle elezioni raggiungerebbero oltre il 10% dei consensi, facendo tremare la terra sotto i piedi ai due maggiori partiti di governo, M5s e Pd.
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«La nuova legge elettorale ci indica una sfida: dobbiamo costruire il soggetto politico dell’alternativa, convocando un congresso con una proposta politica e organizzativa di radicale innovazione e apertura. Dobbiamo rivolgerci però alle persone, e non alla politica ‘organizzata’», ha quindi sottolineato Zingaretti. «Dobbiamo aprirci alla società e ai movimenti che stanno riempiendo le piazze in queste settimane. Non voglio lanciare un’opa sulle sardine, rispetto la loro autonomia: ma voglio offrire un approdo a chi non ce l’ha». Il movimento delle Sardine «chiede alla politica di rinnovarsi, aprirsi, cambiare e noi vogliamo fare esattamente questo, senza nessuna voglia di mettere il cappello o di pensare ad annessioni – ha spiegato a margine di un evento a Milano -. È una visione sbagliata. Noi vogliamo continuare una stagione di apertura e rinnovamento. Le Sardine sono un movimento per fortuna autonomo, libero, straordinario, credo molto positivo per la democrazia italiana ma non vanno tirati per la giacchetta. Sono persone libere e ne sono giustamente orgogliose».
Parlando del governo, «è inutile che ci giriamo intorno, non possiamo fare melina fino al 26 gennaio, non possiamo fare ogni giorno l’elenco delle cose sulle quali non c’è accordo nella maggioranza», ha aggiunto il segretario dem. «Purtroppo questo è il risultato della cultura delle ‘bandierine’, in cui ci si illude di esistere solo se si difende una cosa. Lo dico ogni giorno a Conte e a Di Maio: un’alleanza è come un’orchestra, il giudizio si dà sull’esecuzione dell’opera, non sulla fuga di un solista che casomai dà pure fastidio alle orecchie», ha detto parlando e volendo smentire l’accusa si subalternità al Movimento.
«La linea unitaria sta pagando, come dimostrano i sondaggi, e casomai apre contraddizioni in chi non vuole scegliere. L’Italia sta gradualmente tornando a uno schema bipolare». Per Zingaretti «non è il tempo di distruggere, ma di costruire subito una visione e poi un’azione comune, su pochi capitoli chiari: come creare lavoro, cosa significa green new deal, come si rilancia la conoscenza, come si ricostruiscono politiche industriali credibili nell’era digitale». «Questo salto di qualità lo può fare solo il nostro partito», ha proseguito il segretario Pd. «Il Pd è salvo, oggi non è più il partito debole, isolato e sconfitto del 4 marzo 2018. Abbiamo retto l’urto di due scissioni, e oggi i sondaggi ci danno al 20%. Siamo il secondo partito italiano, e siamo l’unico partito nazionale dell’alleanza, l’unico che si presenta ovunque alle elezioni, l’unico sul quale si può cementare il pilastro della resistenza alle destre».