In pensione a 64 di età ma con il calcolo dell’assegno interamente su base contributiva: è questa l’idea tecnica alla quale il governo sta ragionando per superare Quota 100 senza pesare troppo sui conti pubblici. Quello delle pensioni è uno dei principali nodi che il governo dovrà sciogliere: a legislazione vigente, Quota 100 resterà in vigore fino al 2021 e nel 2022 tornerebbe in vigore la legge Fornero.
Da una parte ci sono i sindacati che nella piattaforma unitaria propongono la flessibilità in uscita intorno ai 62 anni o 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Dall’altra il ministero dell’Economia che giudica troppo costosa una proposta del genere. In mezzo la proposta del presidente dell’Inps Pasquale Tridico che indica un sistema che preveda flessibilità in uscita a 64-65 anni con ricalcolo contributivo.
Chiaramente i dettagli dovranno ancora essere definiti. Ad esempio si valuterà con attenzione se introdurre nel meccanismo di pensionamento anticipato anche un requisito minimo di contributi (36 oppure 38) e, allo stesso tempo, si cercherà di evitare che gli assegni finali siano troppo esigui. Infatti, nel caso in cui l’idea sproposta dovesse diventare realtà, il rischio è che chi dovesse accettare questa opzione finisca per dover fare i conti con un taglio dell’assegno che va dal 10% al 15%.
Come racconta il quotidiano Il Messaggero, è dunque partita la caccia alla formula per la pensione flessibile nel post Quota 100, quando cioè, alla fine del 2021, sarà archiviata la misura sperimentale introdotta per tre anni dall’esecutivo gialloverde. Il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha detto chiaramente che lo scopo è principale sarà quello di «superare la riforma Fornero». Dunque, al termine di Quota 100, saranno prese misure adeguate per «capire come inserire maggiore flessibilità in uscita».