Mentre imperversano le polemiche per la richiesta dei governatori leghisti di non fare rientrare a scuola i bambini di ritorno dalla Cina e si moltiplicano i casi di intolleranza nei confronti dei cittadini cinesi, il premier Conte invita a non creare allarmismi e psicosi collettive per una gestione efficace dell’emergenza coronavirus. «Nessuno pensi di approfittare del coronavirus per manifestazioni discriminatorie o addirittura di violenza».
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Nessuna concessione, dunque, alle quattro regioni del Nord (Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige) che avevano scritto una lettera comune al ministero della Sanità chiedendo che il periodo di isolamento previsto per chi rientra dalla Cina venga applicato anche ai bambini che frequentano le scuole. «Invito i governatori del Nord a fidarsi di chi ha specifiche competenze», è stata la risposta del premier Conte. La circolare sulla scuola del ministero alla Salute prevede che tutti i bambini e i ragazzi che frequentano scuole e università possano tornare in classe a meno che non siano stati a contatto con un malato nei giorni precedenti. Devono controllare, loro stessi o gli educatori, le proprie condizioni di salute e avvertire le autorità sanitarie se presentano sintomi di malattia respiratoria.
Il premier ha spiegato che «in Italia abbiamo adottato una linea più prudente da subito, la più protettiva, la soglia più elevata per i cittadini». Da noi «non ci sono i presupposti per allarme o panico. Chi ha ruoli politici, ha anche il dovere, la responsabilità di dare messaggi di tranquillità e serenità. La situazione è sotto controllo», ha assicurato. Riguardo agli episodi di cronaca scatenati dal coronavirus – l’ultimo e più grave a Frosinone (una sassaiola contro un gruppo di studenti cinesi) – Conte invita a vigilare su «quei di discriminazione che potrebbero tramutarsi in episodi di violenza». E ancora: «In questi giorni mi hanno chiesto anche la sospensione di Schenghen ma non ci sono le condizioni per questo. Sarà costituita una task force con i ministri competenti per valutare l’impatto economico di eventuali misure di protezione. Non vogliamo che le nostre imprese soffrano e i nostri imprenditori che lavorano con la Cina possano avere un danno».