C’è uno stabilimento di Fca in Europa che rischia di bloccare la produzione «entro due-quattro settimane» per la mancanza di forniture dalla Cina. Lo ha detto Mike Manley, amministratore delegato di Fca parlando delle conseguenze del coronavirus al Financial Times. Il nuovo coronavirus ha contagiato l’economia. In due modi. Il primo è diretto e riguarda soprattutto l’economia cinese, epicentro dell’epidemia. Per fermare il contagio Pechino ha preso misure drastiche i cui effetti collaterali però si sono riversati indirettamente sull’economia globale. La Cina pesa per quasi il 19% sul Pil mondiale e contribuisce per il 40% alla crescita globale. Inoltre, essendo profondamente integrata nelle filiere (fornisce gran parte di semilavorati, oltre a molti beni finiti), la sua crisi blocca varie produzioni in quasi tutti gli altri paesi.
LEGGI ANCHE: Coronavirus, cresce la psicosi tra allarmismo e sciacallaggio politico
Sencondo Standard & Poor’s la crescita del Pil della Cina rallenterà al 5% nel 2020 a causa del coronavirus. «Il coronavirus infligge un duro colpo temporaneo all’economia cinese. La maggior parte dell’impatto economico del coronavirus si farà sentire nel primo trimestre, e la ripresa della Cina sarà stabilmente avviata entro il terzo trimestre anno», sostiene Shaun Roache, capo economista dell’area Asia-Pacifico per S&P Global Ratings.
Molti analisti usano l’epidemia della Sars come riferimento. Anch’essa fu originata in Cina, durò otto mesi e fece calare il tasso di crescita del Pil cinese di quasi due punti percentuali. Oggi, con l’economia cinese quadruplicata, il coronavirus potrebbe avere un impatto negativo sul Pil mondiale anche superiore all’1,8%, tarpando le ali a una crescita globale stimata per il 2020 al 2,9%. Sempre che non si riesca a trovare una cura in fretta.
Ma il vero problema è che il coronavirus, costringendo alla chiusura di migliaia di fabbriche cinesi, sta distruggendo intere catene del valore ormai ampiamente globalizzate: e non parliamo solo di chimica o automotive, con le forniture di componentistica per esempio a Toyota e General Motors che iniziano a scarseggiare, ma anche di elettronica e tessile. Fca ha infatti dato l’allarme: «Se la situazione continua a peggiorare ci potrebbe essere il rischio di dovere fermare uno stabilimento in Europa», ha detto l’ad di Fca Mike Manley. «Abbiamo identificato il problema. Ci vorranno tra due e quattro settimane per capire se la fornitura per uno dei nostri stabilimenti in Europa sarà interrotta. In team dedicato all’interno di Fca è stato incaricato di monitorare i componenti dell’azienda e qualsiasi potenziale impatto produttivo».
Nessuno ha dubbi sul fatto che la Cina, già indebolita dalla guerra commerciale con Trump, sia la vittima numero uno dell’epidemia. Ma l’Italia è a rischio contagio: il nostro sistema economico poggia sulle esportazioni e i cinesi sono i maggiori consumatori mondiali (o almeno, lo erano prima di finire in quarantena). I due settori del made in Italy che probabilmente soffriranno di più sono turismo e lusso.
Considerando che al momento non arrivano cinesi in Italia, anche perché i voli sono stati cancellati, il turismo è il settore che soffre di più. Come ha ricordato in questi giorni il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca, il turismo corrisponde al 10% del Pil italiano. «Finora abbiamo avuto cancellazioni di gruppi di turisti cinesi e per i prossimi mesi non potremo contare su questi clienti», ha detto Bocca. Si tratta di 5 milioni di viaggiatori che arrivano in un anno nel nostro Paese, e per giunta «altospendenti». Roma, Firenze, Venezia sono le loro mete, e poi in tanti a Milano per lo shopping. Il timore è dato anche all’impatto mediatico. «Amano molto l’Italia ma sono molto sensibili ai media», ha spiegato Bocca. «Se vedono le strade piene di gente con la mascherina, in un momento in cui stanno programmando le proprie vacanze e con un presidente che li spinge a spendere in casa, rischiamo che accada come con la Sars, quando si bloccò il turismo nordamericano verso l’Europa e verso l’Italia». Il conto sarà molto salato anche per il lusso: gli acquisti del settore esentasse nel 2019 hanno come protagonisti proprio i cinesi (28%), per una spesa totale di 462 milioni di euro, oltre 300 euro al giorno, circa 1500 euro a viaggio.