In silenzio e nell’emergenza. Sarà un 8 marzo senza cortei, senza flash mob e senza iniziative pubbliche. Il coronavirus stravolge abitudini, programmi, riti, appuntamenti e tradizionali occasioni d’incontro e di confronto. A seguito delle decisioni del governo in materia di contenimento e gestione dell’emergenza sanitaria, anche il Quirinale ha cancellato la cerimonia dell’8 marzo per la giornata internazionale della donna.
Da Torino a Catania annullati tutti gli eventi. Ed è stato bloccato su indicazione della commissione di garanzia dei sindacati anche lo sciopero femminista del 9 marzo lanciato dal movimento “Non Una di Meno” al quale avevano anche aderito anche sigle sindacali. «Lo strumento dello sciopero ci viene sottratto ma, nonostante l’impossibilità di astensione dal lavoro salariato, non rinunceremo affatto a occupare le strade e le piazze in tutte le forme che saranno possibili, con tutta la fantasia e la moltiplicazione di pratiche e linguaggi di cui siamo capaci», hanno risposto dal movimento. «Perché l’emergenza coronavirus non cancella ma conferma l’urgenza della nostra lotta».
E la violenza sulle donne resta, nonostante il virus. L’elenco delle donne uccise si allunga ogni giorno, così come quello della violenza domestica, della violenza psicologica, delle discriminazioni, delle differenze di salario, delle dimissioni in bianco. Nel giorno dell’8 marzo sondaggi e studi cercano di spiegare in numeri e percentuali quale è l’autentica parità e quali le disparità tra donne e uomini nel nostro e negli altri paesi della Ue. Lo fa un dossier della Camera dei deputati: l’Italia con un punteggio complessivo è di 63 si classifica al 14° posto tra tutti gli stati Ue. Per la classifica del World economic Forum proprio sul global gender gap, l’Italia si colloca al 76° posto su 153 paesi.
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Ce lo ripetiamo ogni 8 marzo che passa: bisogna fare di più per garantire a uomini e donne la parità, non solo a livello di diritti e legislazione, ma anche per quanto riguarda implicite norme sociali, stereotipi e rappresentazione. Diversi passi avanti sono stati fatti: ma come possono bastare quando nel mondo il 35% delle donne ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale, quando nell’Unione europea le lavoratrici continuano a essere pagate il 16% in meno rispetto ai colleghi maschi, e quando solo 10 capi di governo su 193 sono donne?
Ma soprattutto quando ancora molte donne continuano a morire per mano degli uomini. In tutto il mondo si consumano 137 femminicidi al giorno: un dato che, proiettato per i primi due mesi del 2020, parla di quasi 8 mila donne uccise. In Italia sono già 15 le vittime di femminicidio da inizio 2020: Carla Quattri Bossi, Concetta Di Pasquale, Fausta Forcina, Maria Stefania Kaszuba, Ambra Pregnolato, Francesca Fantoni, Rosalia Garofalo, Fatima Zeeshan, Rosalia Mifsud, Monica Diliberto, Speranza Ponti, Laureta Zyberi, Anna Sergeevina Marochkina, Zdenka Krejcikova, Larisa Smolyak.
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Nella maggior parte dei casi sono state uccise in ambito domestico da partner e familiari. Delle 133 donne uccise nel 2018, più dell’80% è stata vittima di una persona conosciuta. In particolare, nel 54,9% dei casi dal partner attuale o dal precedente. Sono state uccise dal proprio partner 63 donne (47,4%) mentre per altre dieci (7,5%) l’autore del delitto è quello precedente. Altre 33 (24,8%) sono state vittima di un parente e solo nel 12,5% l’autore è sconosciuto. Infine nel 6,8% dei casi si tratta di un omicidio con autore non identificato. Tra i partner, nel 2018, i mariti e gli ex mariti sono stati gli autori del 71,2% degli omicidi, con una percentuale in crescita rispetto al 2017 (anno che ha registrato il valore minimo, 51,9%).