Da Roma a New York passando per Madrid sono un miliardo le persone in tutto il mondo confinate nelle loro case, nella speranza di fermare la pandemia di coronavirus, che secondo i dati della Johns Hopkins University ha già fatto 14.700 morti e 340mila contagiati. «La pandemia sta accelerando, ci sono voluti 67 giorni per arrivare ai primi centomila contagi, 11 giorni per 200mila e 4 giorni per trecentomila», ha detto il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus nel briefing da Ginevra.
Almeno 34 Paesi o territori, fra cui l’Italia, la Francia, l’Argentina, l’Iraq, la California, il Ruanda, e da oggi anche la Grecia, hanno imposto misure obbligatorie a un totale di 659 milioni di persone. Altri Paesi hanno proposto limitazioni di movimento, ma senza misure coercitive, per 228 milioni di persone. Il coprifuoco notturno è applicato in dieci Paesi, per oltre 117 milioni di persone.
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Il virus è ormai ovunque. Si stima che i principali paesi europei siano indietro di circa 7-10 giorni rispetto all’Italia ma nessuno si muove preventivamente nonostante il rischio non sia più solo ipotetico e nella lontana Cina. Ovunque mancano mascherine, respiratori e posti di terapia intensiva. La Spagna è il Paese più colpito con circa duemila morti. Secondo gli ultimi dati diffusi dal ministro della Salute i decessi sono arrivati a 2.182 (462 nelle ultime 24 ore) e i contagi a 33.089. Vi sono stati 462 morti nelle ultime 24 ore. La vice premier Carmen Calvo è stata ricoverata per una infezione respiratoria a Madrid, si attendono i risultati delle analisi per verificare un eventuale contagio.
Negli Usa i casi positivi hanno superato quota 40mila, con almeno 472 morti. Quasi un americano su tre resta a casa. L’aggravarsi della situazione ha spinto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ad attivare la Guardia nazionale per New York, California e Washington, i tre Stati Usa più colpiti dall’epidemia, nei quali saranno creati urgentemente degli ospedali da campo per una capacità totale di 4mila posti letto.
La Cina registra zero nuovi casi interni ma altri 39 contagi importati. Nei suoi aggiornamenti, la Commissione sanitaria nazionale (Nhc) rileva nove decessi domenica, tutti a Wuhan. A due mesi dalla quarantena di 60 milioni di persone, la provincia dell’Hubei e il suo capoluogo non hanno segnalato nuove infezioni in cinque giorni di fila. La Cina ha visto le infezioni salire a 81.093, di cui 5.120 ancora sotto trattamento; 3.270 i decessi e 72.703 i dimessi dagli ospedali, pari a un tasso di guarigione salito all’89,6%.
Sono scesi a 64 i nuovi casi registrati domenica in Corea del Sud: è il dato più basso da metà febbraio, ha riferito il Korea Centers for Disease Control and Prevention. Il Paese ha rafforzato le regole interne di condotta anticontagio (tra cui la distanza interpersonale) e sulla quarantena per gli arrivi dall’Europa. I decessi sono aumentati a 111. I casi confermati a Daegu e nel Gyeongsang del Nord, i due epicentri sudcoreani dell’infezione, sono saliti rispettivamente a 6.411 e a 1.256.