Ormai da settimane gli italiani aspettano con comprensibile apprensione l’appuntamento delle 18, la lettura del bollettino giornaliero della Protezione civile sull’epidemia di coronavirus. Ma una premessa di metodo è indispensabile per la interpretazione dei dati perché la comunicazione ufficiale tende a equivocare tra “attualmente positivi” e “nuovi positivi” nelle ultime 24 ore.
Il capo della Protezione civile Angelo Borrelli generalmente esordisce dando conto del numero dei nuovi guariti e del totale dei guariti. Poi fornisce quello degli “attualmente positivi”, seguito dal tragico dato dei nuovi decessi e dal dato totale, che consiste nella somma di queste tre voci e non è altro che il numero di quanti italiani si sono ammalati dall’inizio dell’epidemia.
La categoria “attualmente positivi” include le persone trovate positive al tampone e che in questo momento si trovano o in isolamento domiciliare o sono ricoverate con sintomi o ricoverate in terapia intensiva. Dalla categoria degli attualmente positivi si esce per due ragioni opposte: perché guariti o perché, purtroppo, deceduti.
Il numero da considerare è dunque quello dei casi totali da inizio epidemia che sarà fondamentale seguire nell’evoluzione della crisi. Perché è la sua variazione a dirci quanti sono davvero giornalmente – tolti guariti e morti – i nuovi malati di Covid-19.
Ovviamente è molto importante per tutti anche il numero dei guariti, ma è un dato clinico, non epidemiologico: se domani ci fossero 10mila nuovi casi e guarissero tutti all’istante, facendo un’ipotesi estrema, pur essendo una splendida notizia non cambierebbe nulla sul piano della curva epidemiologica, che risulterebbe in salita di 10 mila casi. Quindi l’unico dato da prendere in considerazione è quello dei casi totali, che è al riparo dalle variabili statistiche tasso di letalità-tasso di guarigione che cambiano ogni giorno.