Dal Pio Albergo Trivulzio ad altre Rsa lombarde, le inchieste giudiziarie stanno provando a fare luce sulle numerose morti avvenute nelle strutture che ospitano le persone più anziane e quindi a rischio in piena emergenza covid-19. La mancanza di dispositivi protettivi, le procedure sbagliate, gli spazi inadeguati a fronteggiare la pandemia hanno contribuito a peggiorare un’emergenza sanitaria che ha avuto gioco facile a colpire gli individui più fragili e con patologie, quindi vittime ideali del coronavirus.
Un dramma che non si è consumato solo in Italia: in cinque paesi europei oltre la metà delle vittime di Covid-19 sono avvenute nelle case di riposo. Nelle residenze sanitarie assistenziali di Italia, Francia, Spagna, Belgio e Irlanda il coronavirus si è mosso velocemente, approfittando della debolezza dei suoi ospiti. Lo certificano i dati di un nuovo studio pubblicato dall’International Long-Term Care Policy Network, un gruppo di ricerca accademico che fa parte della London School of Economics, che mostrano come oltre il 42% dei decessi associati al coronavirus si sia verificato nelle case di riposo.
Secondo la ricerca fino al 6 aprile 2020 le morti confermate per Covid-19 avvenute nelle strutture residenziali e sociosanitarie in Italia sono state 9509, il 53% dei decessi totali. Le indagini in corso in Lombardia stanno cercando di chiarire alcuni aspetti della tragedia, individuando tutte le cause che vi hanno concorso. Oltre alla mancanza di dispositivi di protezione individuale e protocolli sbagliati denunciati dai sindacati, sotto i riflettori c’è anche la delibera regionale dell’8 marzo, che dava la possibilità alle strutture su base volontaria di ospitare pazienti covid dimessi dagli ospedali.
Una ricognizione effettuata negli ultimi giorni dai Carabinieri del Nas su oltre 600 Rsa su tutto il territorio nazionale ha accertato che nel 17% dei casi ci sono irregolarità sulla gestione delle procedure e degli spazi riservati a possibili casi di positività al covid-19 oppure sulla formazione di operatori e la dotazione di dispositivi protettivi. Sono 140 le strutture non risultate in regola, 61 le persone denunciate e 157 quelle sanzionante. Per 15 attività i Nas hanno sospeso o vietato l’attività per le gravi carenze che sono state riscontrate, mentre i pazienti sono stati trasferiti in altri centri. Gli interventi principali sono stati eseguiti dai Nas a Taranto, Campobasso, Perugia, Reggio, Calabria, Napoli, Roma, Cosenza, Udine e Torino.