Da settimane, l’attenzione di tutti è rivolta ad un numero: quello dell’indice di contagio. R0 o “numero di riproduzione di base”, per usare le parole dell’Istituto superiore di sanità (Iss), «rappresenta il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente suscettibile, cioè mai venuta a contatto con il nuovo patogeno emergente». Un parametro che misura quindi la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva.
Per interrompere la circolazione del Covid-19 è necessario scendere al di sotto di un contagiato per ogni persona positiva. «Dal punto di vista matematico sarà possibile ritenere che l’epidemia può essere contenuta soltanto quando il valore dell’indice R0 sarà inferiore a 1», aveva spiegato il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro. L’obiettivo principale è quindi abbassare il tasso di contagio del nuovo coronavirus il più possibile, preferibilmente fino a zero. E ci siamo quasi.
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L’indice di contagio in Italia è sceso allo 0,8. Un dato che colloca l’Italia appena un decimo di punto al di sopra della Germania, che ha lo 0,7. Per mantenerlo su questi livelli, e farlo scendere ancora, ha detto il presidente del consiglio superiore di sanità Franco Locatelli , «dobbiamo impiegare 5 strumenti: contact tracing, uso tamponi, dispositivi di protezione individuale, permanenza dei Covid hospital, implementazione dell’efficacia della medicina territoriale e la responsabilità dei comportamenti individuali».
In Italia ci sono 160mila persone positive ai tamponi e quelle che presentano sintomi si stanno riducendo, con la curva in fase decrescente a livello nazionale. «Lo stato dell’arte» sull’emergenza coronavirus in Italia, ha detto a sua volta il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, «ci racconta di persone con i sintomi che stanno riducendosi e una curva di positività decrescente a livello nazionale. L’adozione delle misure restrittive del lockdown in tutto il Paese ha consentito di limitare la circolazione in molte are. Dovremo ripensare e riorganizzare la nostra organizzazione della vita sia nei trasporti che nel lavoro e nelle attività quotidiane».
Una cautela confermata anche da Palazzo Chigi, che ha tenuto a precisare che le date di cui si parla in queste ore non sono considerate del tutto realistiche. «In questi giorni e nelle ultime ore – dicono fonti di Palazzo Chigi – circolano numerose ipotesi, con tanto di date, sulle possibili riaperture nel Paese. In alcuni casi si tratta di ipotesi che non hanno alcun tipo di fondamento, in altri di ipotesi che sono ancora allo studio e quindi non possono essere in alcun modo considerate definitive. In questo momento il governo, coadiuvato dal comitato tecnico scientifico e dalla task force di esperti, sta lavorando per la fase due e solo quando avrà terminato i lavori comunicherà in maniera chiara i tempi e le modalità di allentamento del lockdown, così da dare agli italiani un’informazione certa. Anticipazioni, indiscrezioni e fughe in avanti – in un momento tanto delicato – rischiano di alimentare caos e confusione. In questi momenti invece è indispensabile la collaborazione responsabile di tutti».