La “fase 2” dell’emergenza coronavirus sta per iniziare. «Il primo step mobiliterà tra i 2,7 e i 2,8 milioni di italiani». È la decisione presa dal governo, di concerto con la task force guidata da Vittorio Colao. Sono quei lavoratori che si aggiungono a quelli che stanno lavorando già durante la fase uno (quella del lockdown) nelle filiere e nelle attività considerate essenziali per affrontare l’emergenza. Si riparte, dunque. I lavoratori serrano i ranghi. Il Paese è pronto a riaccendere i motori.
La cifra di chi ritorna al lavoro in realtà è molto più ampia, ma altri continueranno a svolgere le proprie mansioni in modalità smart working. Il “piano Colao” prevede di riaprire l’Italia «per gradi successivi», facendo convivere il Paese con in virus che è tutto meno che debellato. Al primo nuovo segnale di allarme, alcune aree dell’Italia possono dunque essere nuovamente bloccate. La direzione, quindi, è quella degli eventuali lockdown locali. Intanto, la task force guidata da Colao ha proposto di esonerare dal rientro del 4 maggio i lavoratori 60enni, ma – secondo quanto riporta l’Ansa – il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha escluso questa ipotesi, perché «il lockdown non si può protrarre: riprendiamo le attività purché in sicurezza».
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Nel corso del confronto la task force ha espresso l’opportunità di far ripartire già dal 27 aprile quelle aziende in grado di rispettare i protocolli di sicurezza nella consapevolezza che ogni settimana persa pesa in termini di miliardi e punti di Pil. Il manager ha presentato al premier Conte un documento breve ( si parla di appena cinque pagine) che mette in evidenza i requisiti necessari alla ripartenza del Paese. Tra i primi, la necessità immediata di un protocollo per i mezzi pubblici, considerato che il 15% dei lavoratori di manifattura e costruzioni li usano per andare al lavoro. C’è poi la necessità di aggiornare il protocollo di sicurezza firmato con i sindacati il 14 marzo. E c’è sopratutto la necessità di avere a disposizione i dispositivi di protezione individuale, che in questo momento valgono ben più di una app. Il commissario Domenico Arcuri ha comunicato che attualmente vengono consegnate 4 milioni di mascherine al giorno. Ne servono però 7 milioni.