Tra i Paesi che meglio al mondo hanno saputo gestire l’emergenza coronavirus c’è sicuramente la Nuova Zelanda. Un solo nuovo caso positivo ieri, meno di dieci al giorno per settimane. Nel Paese i contagiati sono stati 1469 e i morti si sono fermati a 19. Tanto da aver spinto la premier Jacinta Arden una dichiarazione roboante: «Abbiamo vinto la battaglia contro il Covid-19», invitando comunque i cittadini a rimanere «vigili se vogliamo che continui ad essere così».
Da domani riprenderanno alcune attività economiche non essenziali, servizi sanitari e scolastici. Ma il livello d’allerta rimarrà alto. «Riapriamo l’economia ma non la vita sociale delle persone — ha detto Ardern —. Lo so che tutti i cittadini vogliono tornare alla vita normale ma dobbiamo procedere con prudenza, non possiamo rischiare di perdere quello che abbiamo guadagnato, se dobbiamo rimanere a livello tre ci resteremo». Se tutto andrà bene, già dall’11 maggio saranno allentate altre restrizioni.
Accanto a una comunicazione diretta, semplice e lineare, anche la Nuova Zelanda ha adottato la misura del lockdown. Fin da subito (inizio febbraio) Ardern ha bloccato i viaggiatori cinesi. A metà marzo è seguita la chiusura delle frontiere a tutti i non residenti, unita a quarantene lungo i confini, tamponi a tappeto e tracciabilità dei contatti. Il 23 marzo quando la pandemia era ancora in una fase iniziale e gli infetti erano solo 100 ha imposto un mese di lockdown totale, poi prolungato di una settimana. Una strategia che si è rivelata vincente perché la curva dei contagi si è avvicinata allo zero in sole due settimane.
Certo il fatto che la Nuova Zelanda sia composta da due isole e abbia meno di cinque milioni di abitanti ha certamente contribuito a rendere l’isolamento nazionale particolarmente efficace. Un grande successo per Jacinda Ardern che ha anche deciso di ridursi lo stipendio da 470mila dollari neozelandesi (260mila dollari l’anno) del 20% per i prossimi sei mesi. Lo stesso hanno fatto gli altri ministri.