Il coronavirus circolava a Milano già il 26 gennaio. Quasi un mese prima della scoperta del primo caso «positivo» (21 febbraio), il 38enne Mattia a Codogno, almeno 160 persone avevano già contratto il Covid-19 tra Milano e provincia e circa 1200 in tutta la Lombardia. È quanto emerge da uno studio condotto dalla task-force sanitaria della Regione su quella che è stata definita la “Fase 0” del contagio in Italia, ovvero quel periodo “oscuro” in cui la catena di trasmissione del virus si era già innescata, confondendo all’inizio i suoi sintomi quelli dell’influenza stagionale.
Secondo l’analisi della task-force, riportata da Il Corriere della Sera, il 26 gennaio, ribattezzato come “Giorno 0” c’erano già 46 casi di Covid-19 a Milano, e in tutta Lombardia se ne contavano 543. Ma a far scattare l’allarme, e quindi i tamponi, è stato il “paziente 1” di Codogno,e da quel 21 febbario la curva dei casi registrati nella sola Lombardia inizia a salire rapidamente fino ai 74.348 infettati, registrati il 28 aprile.
In base alle analisi successive della storia della malattia, tra tamponi e sintomi, indicazioni dei malati e dei medici, oggi gli esperti sono riusciti a tracciare il trend dell’epidemia nella regione, a raccontare l’andamento della malattia in quel mese in cui il virus era ancora sconosciuto e soprattutto lontano, confinato nel capoluogo di una provincia cinese. In quel periodo, tutti gli sforzi del sistema antivirus italiano erano concentrati sulle frontiere aeree, e dunque soprattutto su Malpensa e Fiumicino. Un arco di quasi quattro settimane in cui si guardava fuori dalle mura e controllavano le porte d’accesso, mentre il nemico era già entrato in città: 46 milanesi, secondo le autorità sanitarie, hanno iniziato a manifestare la malattia che hanno poi trasmesso velocemente ad altri. L’analisi dice che in nove accusano i sintomi il 12 febbraio, in 13 il 15, in 10 il 18, in 35 il 20 febbraio (il giorno prima del paziente di Codogno).
LEGGI ANCHE: Coronavirus, quando non si avranno nuovi contagi? Umbria prima. Lombardia ultima
Oggi che anche la Lombardia si prepara al primo allentamento del lockdown, la situazione dei contagi è più simile a quella di gennaio e capire come l’epidemia si sia mossa può dare informazioni più precise a chi dovrà oggi individuare più rapidamente i positivi e isolarli. Per quasi un mese, in virus ha girato indisturbato per la Lombardia senza che nessuno ne avesse idea: ripercorrendo le “tappe” del Covid-19 ci si rende conto di come per molto tempo il Covid-19 sia stato visto come una minaccia in arrivo dall’esterno mentre invece già circolava in tutta la Lombardia (esclusa la provincia di Sondrio). Le prime “polmoniti anomale” sono state infatti accertate a Wuhan, in Cina, il 31 dicembre, poi il 7 gennaio le autorità cinesi confermarono di aver identificato un nuovo ceppo di coronavirus: il 10 gennaio l’Oms diffonde la notizia della pandemia ma rassicura sulla necessità di evitare allarmismi anche se il 22 gennaio la Cina è costretta a mettere in quarantena tutta la provincia dell’Hubei. Il 29 gennaio vengono infine ricoverati allo Spallanzani di Roma i primi due turisti cinesi risultati positivi e all’indomani il governo blocca i voli dalla Cina, ignaro del fatto che il virus era già in Italia.