Dopo due mesi di divieto per la pandemia, si torneranno a celebrare le messe alla presenza dei fedeli. Il protocollo di intesa tra governo e Cei è stato firmato a Palazzo Chigi dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani. Si prevede la «ripresa graduale» delle celebrazioni «con il popolo» seguendo tutte le misure di sicurezza: accessi contingentati, mascherine obbligatorie, distanze, distribuzione della comunione con guanti monouso, disinfezione degli ambienti, divieto di ingresso a chi ha una temperatura pari o superiore ai 37,5 gradi.
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«Le misure di sicurezza previste nel testo – ha spiegato il premier – esprimono i contenuti e le modalità più idonee per assicurare che la ripresa delle celebrazioni liturgiche con i fedeli avvenga nella maniera più sicura. Ringrazio la Cei per il sostegno morale e materiale che sta dando all’intera collettività nazionale in questo momento difficile per il Paese». Il ministro dell’interno ha fatto sapere che un «impegno analogo» è stato preso anche con i rappresentanti delle altre fedi, dagli ebrei ai musulmani: ci sono già stati degli incontri tra i rappresentanti delle religioni e si sta preparando un testo simile.
L’accordo è arrivato dopo una lunga trattativa durata settimane e nata dalle proteste della Cei, che chiedeva la riaperture delle chiese al pubblico già a partire dal 4 maggio, in contemporanea con l’inizio della fase 2. «Altrimenti – le parole delle Cei in una nota del 26 aprile – si compromette la libertà di culto». Per frenare lo scontro era intervenuto anche Papa Francesco, sottolineando «la necessità di obbedire alle regole per non fare tornare alla pandemia». E finalmente è stata trovata una data che rappresenta un compromesso tra governo e Cei.
Nel dettaglio, il protocollo prevede che «l’accesso individuale ai luoghi di culto si deve svolgere in modo da evitare ogni assembramento» e che il «legale rappresentante», cioè il parroco, «nel rispetto della normativa sul distanziamento tra le persone, individui la capienza massima dell’edificio di culto, tenendo conto della distanza minima di sicurezza», almeno un metro tutt’intorno. L’accesso resta quindi «contingentato e regolato da volontari o collaboratori», se le richieste superano il numero massimo consentito «si consideri l’ipotesi di incrementare il numero delle celebrazioni liturgiche».
Entrando in chiesa bisogna rispettare la distanza di «almeno un metro e mezzo», se possibile si devono aprire più ingressi «per favorire un flusso più sicuro ed evitare che porte e maniglie siano toccate». All’ingresso saranno disponibili dei «liquidi igienizzanti» per le mani. I fedeli indosseranno le mascherine e non potranno entrare se hanno una temperatura pari o superiore ai 37,5 gradi o sono stati in contatto «nei giorni precedenti» con persone positive al Covid-19.
Seguono una serie di disposizioni da seguire durante le messe: bisogna «ridurre al minimo la presenza di concelebranti e ministri», può esserci un organista ma «si ometta il coro», non si deve fare lo scambio ella pace, le acquasantiere resteranno vuote. Quanto alla distrubuzione della Comunione, «avvenga dopo che il celebrante e l’eventuale ministro straordinario avranno indossato guanti monouso senza venire a contatto con le mani dei fedeli. Evitare contatti, soprattutto: per questo «non è opportuno che siano presenti sussidi per i canti o di altro tipo» e le offerte non dovranno essere raccolte durante la messa ma «attraverso appositi contenitori» all’ingresso della chiesa. Tutte le disposizioni si applicano, ovviamente, anche per battesimi, matrimonio, unzione degli infermi e funerali. Le cresime sono rinviate. Il vescovo, se alcune chiese non sono adatte a rispettare la normativa sanitaria perché ad esempio troppo piccole, «può valutare la possibilità di celebrazioni all’aperto».