Dalla gioia all’odio, dalla commozione agli insulti. Nell’Italia che odia sui social, Silvia Romano viene lapidata dalle parole di chi le augura stupro e morte per essersi convertita all’Islam ed essere tornata nel nostro Paese con il nome di Aisha. Tantissimi sono stati i messaggi di benvenuto e di felicità per il ritorno in patria della giovane cooperante rapita in Kenya il 20 novembre del 2018, ma la sua liberazione ha anche scatenato gli haters. Insulti e minacce che hanno spinto il capo del pool antiterrorismo della procura di Milano, Alberto Nobili, ad aprire un fascicolo di indagine contro ignoti con l’ipotesi di reato di minacce aggravate.
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Un sussulto di odio che adesso costringe la Prefettura di Milano a valutare una sorveglianza più rigorosa. Già da ieri la prefettura di Milano aveva deciso di applicare una misura di tutela della ragazza, proprio per proteggerla da eventuali aggressori. Il timore è che dagli insulti scritti e urlati sui social qualcuno possa passare a gesti concreti. Intanto, le forze dell’ordine pattugliano con discrezione l’appartamento in cui Silvia vive e in cui la giovane trascorrerà le due settimane di quarantena previste per via dell’emergenza coronavirus.
Un ritorno, quello di Silvia, che ha portato, ovviamente, gioia e soddisfazione, ma anche una serie di polemiche politiche soprattutto legate alla scelta della ragazza di convertirsi e all’ipotesi del pagamento di un riscatto per liberarla. «Impiccatela». È questo il commento a un’immagine di Silvia Romano postata da Nico Basso, consigliere comunale di Asolo (Treviso). Basso, ex assessore della giunta comunale leghista, è capogruppo della lista civica “Verso il futuro”. Il post è stato subito cancellato, ma gli screenshot continuano a circolare sui social.
Fuori dal portone di casa, accanto a biglietti, fiori e disegni, anche uno striscione appeso dopo la sua liberazione. Le parole vergate a spray con un «carattere» spesso usato da gruppi ultrà di estrema destra: «Perdona l’umano, bentornata Silvia Romano». vicino all’abitazione della ragazza è stato anche trovato un volantino che diceva: «Tanti di noi, stufi di dover pagare i riscatti, specie di questi tempi. Salvare una vita, meritevole, per metterne a rischio molte altre? Stanchi di subire le ingerenze politiche delle Ong. Buonismo, perbenismo e politicamente corretto non equivalgono a solidarietà».