Imprese solo in parte soddisfatte per la rotta tracciata dal Consiglio dei ministri per l’uscita dalla fase di emergenza del Covid. C’è il rischio a conti fatti soltanto sei attività su dieci decidano di tirare su la saracinesca fin da subito, mentre altre tre rinvieranno a data da destinarsi la decisione e c’è ancora una piccola quota di indecisione. «Per le imprese la riapertura è una corsa ad ostacoli e contro il tempo. L’accordo di questa notte tra Conferenza Stato-Regioni e Governo apre uno spiraglio importante, forse decisivo per uscire dall’incertezza che ha caratterizzato il tema delle riaperture», afferma Confesercenti.
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Da un sondaggio di Confesercenti svolto con Swg emerge infatti che gli imprenditori intenzionati ad aprire lunedì 18 maggio sono il 62%, contro un 27% che ha invece già deciso di rimanere chiuso. Tocca l’11% la percentuale di chi non sa cosa fare e deciderà durante il fine settimana. Tra chi rimarrà sicuramente chiuso, il 68% indica come motivazione la mancata convenienza dell’apertura. Ma c’è anche un 13% che comunque continua ad avere timori legati alla sicurezza, anche per la lunga incertezza sulla normativa relativa.
«Più di tutti è pesata la previsione di essere costretti a lavorare in condizioni antieconomiche. Gli imprenditori – prosegue la nota di Confesercenti – temono l’impatto della rigidità delle linee guida sulle attività, e di rimanere schiacciati tra l’aumento dei costi di gestione e il prevedibile calo dei ricavi. Sono preoccupati, inoltre, anche dal tema delle responsabilità legali».
Sulle riaperture pesano i lavori che dovranno sostenere, tra sanificazione, dispositivi di protezione individuale per i lavoratori e i clienti: 8 negozi e pubblici esercizi su 10 certificano di non essere riusciti a procurarsi le mascherine a prezzo calmierato. Cresce, in generale, la paura di non riuscire a superare la fase difficile: il 36% degli imprenditori teme di chiudere l’attività, ed un ulteriore 41% ritiene di essere a rischio in caso di inattesi prolungamenti dell’emergenza. Entrambi i dati sono in crescita, rispettivamente del 4 e del 6%, in confronto alla rilevazione precedente, condotta il mese scorso. Quasi l’82% sono comunque preoccupati per il futuro.