«Clinicamente il nuovo coronavirus non esiste più». La frase di Alberto Zangrillo, direttore della Terapia Intensiva del San Raffaele di Milano, è esplosa nel dibattito sul coronavirus. Secondo uno studio condotto all’Ospedale San Raffaele di Milano, in via di pubblicazione su una rivista scientifica, tra marzo e maggio la quantità di virus presente nei soggetti positivi si è ridotta notevolmente.
«Abbiamo analizzato 200 nostri pazienti paragonando il carico virale presente nei campioni prelevati con il tampone. Ebbene i risultati sono straordinari: la capacità replicativa del virus a maggio è enormemente indebolita rispetto a quella che abbiamo avuto a marzo. E questo riguarda pazienti di tutte le età, inclusi gli over 65». Massimo Clementi, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia al San Raffaele di Milano, in un’intervista al Corriere della Sera ha anticipato i risultati dello studio su cui Zangrillo ha detto di basare le sue posizioni.
«Possiamo dire, in base ai risultati dell’indagine e a quello che vediamo in ospedale, che è cambiata la manifestazione clinica — precisa Clementi —, forse anche grazie alle condizioni ambientali più favorevoli. Ora assistiamo a una malattia diversa da quella che vedevamo nei pazienti a marzo-aprile. Lo scarto è abissale ed è un dato che riteniamo importantissimo. Confermato peraltro dalla pratica: non solo non abbiamo più nuovi ricoveri per Covid in terapia intensiva, ma nemmeno in semi-intensiva. Nelle ultime settimane sono arrivati pochi pazienti e tutti con sintomi lievi».
Secondo il professore la conseguenza pratica di questo “indebolimento” sarebbe dunque il cambiamento nella manifestazione clinica della Covid-19. Anzi, per Clementi stiamo davanti a una «una malattia diversa» rispetto a quella che avevamo agli inizi. La causa non sarebbe ancora chiara, ma, secondo i ricercatori, probabilmente potrebbe essere collegata alle «condizioni ambientali più favorevoli». «Un’ipotesi – aggiunge Clementi- è che si tratti di un co-adattamento all’ospite, come avviene normalmente quando un virus arriva all’uomo. L’interesse del microrganismo è sopravvivere all’interno del corpo e diffondersi ad altri soggetti: obiettivi irraggiungibili se il malato muore a causa dell’infezione».
Ma sull’evoluzione futura del virus non v’è certezza. «Nessuno può sapere con certezza se ci sarà una nuova ondata di contagi, la temevamo anche per la Sars ma non si è verificata e, anzi, il virus è scomparso — precisa Massimo Clementi —. Per quanto riguarda Sars-CoV-2, ci potranno essere dei focolai locali e sarà determinante il modo in cui sapremo reagire, isolandoli, individuando i contatti e affidando i pazienti alla medicina di territorio per lasciare gli ospedali solo a eventuali casi gravi».