Bocciate da studenti, docenti e presidi. Le Linee guida per la riapertura delle scuole sembrano scontentare tutti, anche la Conferenza Stato_Regioni. L’obiettivo era incassare un sì per quanto stiracchiato e dare il via libera alle linee guida sulla scuola post emergenza coronavirus, senza ulteriori rinvii. Ma a quanto pare non è stato raggiunto. Serve più tempo per trovare l’intesa sul piano di rientro in aula a settembre.
Ci sono almeno tre elementi su cui le Regioni hanno chiesto e ottenuto di modificare il testo di base. Il tema di cui più si è discusso sono le mascherine in aula. Le stesse che secondo le attuali decisioni del Comitato tecnico scientifico sono obbligatorie dai sei anni e alle quali sono contrari molti presidenti di Regione. Alla fine la mediazione è stata inserire un riferimento al fatto che il Cts rivaluterà la decisione sulle misure sanitarie prima della riapertura delle scuole.
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Un altro dei nodi fondamentali è l’assunzione degli insegnanti. Posto che la ministra Azzolina non intende cedere sull’assunzione dei precari senza concorso, al momento è prevista una selezione per le cattedre “di ruolo” (ovvero permanenti) da organizzare entro l’anno e che riguarderà 78mila posti. Oltre a contratti annuali per circa 50 o 60mila insegnanti, purché già inseriti nelle graduatorie e dunque abilitati. Su questa seconda cifra si tratta: le Regioni vogliono più posti, la ministra pentastellata risponde che già così si dà fondo alle graduatorie. L’idea è allargare il numero di supplenti che però potrebbero avere contratti di alcuni mesi da rinnovare. E bisogna comunque capire quanto intende spendere il governo.
A decidere come organizzare le lezioni e in quali spazi saranno le singole scuole in autonomia. Ma i governatori hanno voluto che nelle linee guida fosse specificato che la didattica a distanza – prevista in ogni caso solo per le scuole superiori – avrà limiti ben precisi e sarà solo “residuale”: il nuovo testo, inoltre, potrebbe chiarire ulteriormente che basterà che un solo studente non possa collegarsi da remoto per obbligare la classe a tornare in aula, tranne in casi di grave emergenza sanitaria.
Le linee guida non sono piaciute neanche al mondo della scuola: dagli insegnanti, ai presidi, ai genitori degli studenti. Il Piano scuola del ministero dell’Istruzione non promette «né una persona né un soldo in più», ogni scuola deve «fare da sé, con i mezzi propri e quel che offrono i territori e gli Enti locali», attacca il comitato “Priorità alla scuola” presente nelle 60 piazze che da Nord a Sud protestano contro la proposta del ministro per l’Istruzione. Secondo la bozza delle linee guida tracciate dal ministero dell’Istruzione in vista del rientro sui banchi, starà ai singoli dirigenti scolastici reperire spazi extra, organizzare i turni degli ingressi e delle uscite dei ragazzi, smistare gli insegnanti e stringere accordi con le associazioni del terzo settore.
«Ritengo fondamentale continuare un confronto e colloquio costruttivo con il ministero – afferma Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi -. Abbiamo criticato alcuni aspetti di questa bozza e speriamo che alcune delle nostre istanze possano essere recepite. Avremmo voluto trovare indicazioni di natura operativa e per quanto apprezziamo l’autonomia, questa funziona solo se accompagnata da determinate condizioni di contorno. Servono risorse a disposizione, chiarezza degli obiettivi da perseguire e del nostro ruolo. Occorre specificare quali sono i nostri poteri e quali quelli degli organi collegiali e di altri soggetti altrimenti rischiano di scatenarsi attriti o guerre interne agli istituti».