La legge Zan sull’omotransfobia dà fastidio alla destra e alla Cei. Si parla di «derive liberticide», Matteo Salvini allora chiede una legge contro l’eterofobia. E intanto, in tutta Italia, l’11 luglio si terrà una mobilitazione organizzata da “#Restiamoliberi”. L’obiettivo è quello di bloccare la legge contro l’omofobia perché rischia di colpire «tutti coloro che promuovono il diritto naturale di ogni bambino ad avere un padre e una madre». Tra le città che daranno spazio a questa iniziativa anche Pescara, la stessa in cui in una settimana si sono consumati tre casi di omofobia.
È stato depositato qualche giorno addietro alla commissione giustizia della Camera il ddl contro la omotransfobia, detto anche legge Zan dal nome del suo primo firmatario, il deputato del Partito democratico Alessandro Zan. La legge modifica gli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, rispettivamente legge Mancino e Reale, che puniscono i reati e i discorsi d’odio fondati su caratteristiche personali quali la nazionalità, l’origine etnica e la confessione religiosa. La nuova legge punta ad ampliare questo concetto e a individuare come atti discriminatori anche quelli basati «sul genere, orientamento sessuale o identità di genere». Quindi, in concreto, se il ddl dovesse essere approvato nella fattispecie dei reati d’odio non rientrerebbero solo quelli legati a razza, etnia o religione, ma anche quelli legati alla sfera sessuale in senso lato e verrà punito chi li commette o istiga a farlo.
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Nel testo sono, inoltre, contenute disposizioni che affrontano il tema dal punto di vista culturale e di tutela delle vittime. Viene proposta l’istituzione di una giornata nazionale contro l’omotransfobia (17 maggio) e la creazione di un fondo dedicato ai “centri antidiscriminazione e case rifugio” che offrono assistenza sanitaria e psicologica alle persone che, a causa del proprio orientamento sessuale, non riescono a trovare lavoro, non hanno casa o hanno subito violenze. A questo si aggiungono attività culturali, in contesti lavorativi e scolastici, e un monitoraggio condotto dall’Istat sull’andamento dell’omotransfobia nel nostro paese.
Uno dei punti più contestati della legge è quello relativo al concetto dell’identità di genere che nelle ultime ore ha scatenato un dibattito tra le fila delle associazioni femministe e Arcilesbica. La dicitura, secondo le attiviste, si baserebbe su un assunto per cui non esistono differenze tra uomo e donna e ognuno può autodefinirsi in base al genere a cui sente di appartenere. Una scelta che a loro dire cancellerebbe il significato intrinseco di essere donna dal punto di vista biologico, storico e sociale, con un portato di fatto misogino. La richiesta è che “identità di genere” venga pertanto sostituita con “identità transessuale”.
A rispondere alle obiezioni delle attiviste è stato il firmatario del ddl Alessandro Zan, che ha spiegato come la dicitura identità transessuale rappresenterebbe un’ulteriore discriminazione perché «significherebbe tenere fuori i trans non operati. Il concetto di identità di genere è ribadito nella convenzione di Istanbul e in una sentenza della Consulta e non può essere ignorato». Zan si augura che queste divisioni non ritardino l’approvazione della legge, sperando che l’iter venga concluso entro l’estate, dato che l’Italia è uno dei pochi paesi in Europa a non essersi ancora dotato di una legge simile.
Nel dibattito sono intervenuti anche i movimenti di ispirazione cattolica, Family Day e Pro Vita, che hanno definito la legge “liberticida” e un ulteriore passo avanti nella normalizzazione della cosiddetta teoria gender che si basa sulla convinzione – del tutto errata da un punto di vista fattuale e scientifico – che gli studi di genere neghino la differenza tra uomini e donne, contribuendo alla distruzione della famiglia e società. Come forma di protesta, questi gruppi hanno organizzato una manifestazione diffusa in 100 città d’Italia per l’11 luglio, ricevendo anche il sostegno di Matteo Salvini. Il leader della Lega ha dichiarato, infatti, la legge Zan è «pericolosa perché l’Italia è un paese che non discrimina. Se viene picchiato o discriminato un omosessuale o un eterosessuale la via è la galera, non c’è differenza. È un falso problema: meglio parlare di lavoro».
Anche se nell’ultimo periodo sono diversi i casi di omofobia segnalati in tutta Italia: oltre al ragazzo pestato dal branco perché passeggiava sul lungomare con il fidanzato, ci sono anche gli insulti a due coppie lesbiche, sempre a Pescara, l’educatore insultato da un genitore a Lucca e due ragazzi assaliti ieri con insulti e pugni in Liguria.