Il turismo ripartirà da una dimensione locale. Ne è convinto Filippo Grasso esperto di turismo e professore di Analisi di Mercato nel corso di laurea di Scienze del Turismo dell’Università di Messina. «È indubbio che la crisi epidemiologica ha colpito ampi strati delle società umane a livello globale – sottolinea Grasso – ma ci offre l’opportunità per ridisegnare il turismo con maggiore attenzione a sostenibilità, autenticità, riscoperta del locale». A detta dell’esperto, il turismo del prossimo futuro sarà di prossimità, legato ai cammini, alle visite dei borghi, alla cultura ed alle tipicità enogastronomiche.
Il turismo è uno dei settori che ha maggiorente risentito della crisi economica legata all’emergenza coronavirus. Era solo febbraio quando i giornali cominciavano a parlare di “turismo in ginocchio”, mentre adesso le stime più caute parlano di una riduzione che sarà almeno tra il 20 e il 30% in Italia e nel mondo. Nel solo mese di giugno il mercato turistico alberghiero italiano ha registrato un calo delle presenze dell’80,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. E così si è alla ricerca di soluzioni e strategie per arginare la crisi di un settore che in Italia vale tra il 12 e il 13% del Pil, con tre milioni di lavoratori.
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Quando e come sarà possibile avere una completa ripartenza del settore?
«La situazione post pandemica ha messo il comparto turistico in difficoltà. Strutturare le politiche turistiche regionali e territoriali, ridisegnare l’offerta turistica integrata e di qualità della Destinazione Turistica sono la chiave di lettura per la ripartenza e la crescita sociale ed economica dei territori. Il turismo ripartirà da una visione locale. Si tratterà di un turismo di prossimità, un turismo domestico, interno, legato ai cammini, alle visite dei borghi, alle eccellenze regionali, alla cultura ed alle tipicità enogastronomiche. I viaggiatori, quindi, tenderanno a scegliere le mete turistiche che offrono garanzia dal punto di vista sanitario e con garanzie stabilite dai protocolli sanitari regionali».
È un turismo lento e sostenibile quello post-emergenza da Covid-19?
«Assolutamente sì. Esponenziale si presenta la crescita dei viaggiatori che scelgono di praticare le attività eco-turistiche legate ai temi della mobilità dolce e sostenibile. Questo pone i decisori pubblici a progettare e programmare scelte mirate sulla “deconcentrazione stagionale”, sull’offerta turistica integrata di qualità, sui servizi erogati, sul potenziamento delle attività produttive economiche locali ove insistono le “piccole comunità” che custodiscono la cultura materiale dei luoghi, tutelano le tipicità dei prodotti eno-gastronomici, preservano il vasto patrimonio paesaggistico, naturalistico-ambientale».
Quali strategie per far fronte alla crisi del settore?
«Il turismo deve cambiare. È una voce “imperativa” che proviene da più parti del territorio nazionale. Il modello di sviluppo turistico e sostenibile pre-Covid non è più ripetibile. Quello che sta succedendo è un momento di rivalutazione critica dall’attuale modello di crescita globale del turismo. L’insostenibilità dello sviluppo incontrollato del turismo internazionale comporta la necessità di una opzione verso una strategia di decrescita, soprattutto in destinazioni più che sature che prima soffrivano di overtourism. Più ancora, ha reso evidente l’urgenza di modificare le nostre abitudini di produzione, di trasporto, di distribuzione e di consumo “insostenibili”, quando non allarmanti. L’incremento degli arrivi, infatti, non rappresenta necessariamente un incremento dei benefici e non è sempre un risultato auspicabile. Si va verso un orientamento ad obiettivi di sviluppo sostenibile piuttosto che di crescita. La crisi ha cosi dimostrato che i flussi turistici possono essere regolamentati in base a standard di sostenibilità».
Che ruolo giocherà il digitale?
«La chiave per le strategie di comunicazione, a seguito del dilagare dell’epidemia in Italia, è guardare al medio- lungo periodo verso un modello efficace di comunicazione. Il momento sembra essere propizio per affinare le proprie dotazioni digitali, la propria presenza online e le strategie di comunicazione e promozione. L’efficacia di una buona comunicazione non è solo quello di promuovere il territorio, ma di riportare i visitatori nella destinazione turistica scelta come meta di viaggio esperienziale e relazionale. Oggi vi è una massiccia promozione e campagna di comunicazione sul turismo di prossimità, utilizzando le reti televisive private e pubbliche, social, per promuovere i territori, organizzare opportunità all’aria aperta, creare punti di assaggio con prodotti tipici enogastronomici che resta comunque l’eccellenza dei nostri territori. Occorre creare collegamenti tra le persone e i territori, con appositi interventi immediati. Non basta una governance focalizzata sui singoli territori, ma una manovra di comunicazione importante per riattivare il turismo nelle regioni. Il web resta lo strumento più utilizzato per organizzare un viaggio».
Ritiene che sia auspicabile e realizzabile una sinergia di rete per aiutare la ripartenza?
«Una destinazione turistica ha bisogno necessariamente di fare sistema, di essere governata in modo unitario e con processi condivisi sia a livello nazionale, regionale che per area provinciale, di unire gli sforzi per proiettare sui mercati internazionali il prodotto turistico attraverso una comunicazione dell’immagine del nostro territorio affidabile ed efficace. Per fare questo abbiamo bisogno di un cambio di passo. Dobbiamo riappropriarci, prima di tutto, della “cultura della programmazione”. Abbiamo bisogno di una visione strategica, di una pianificazione mirata e calibrata alle esigenze dei turisti e della comunità locale. Il successo di una qualunque impresa turistica è strettamente ancorato alla competitività della destinazione turistica in cui opera. Nessuno si salva da solo. Infatti il ruolo delle politiche turistiche territoriali è quello di mettere in relazione il comunicatore con il destination manager il cui compito è quello di coordinare e organizzare i processi di sviluppo del territorio a supporto di amministratori e operatori turistici».
Cosa cercano i viaggiatori nell’era post-Covid?
«Al primo posto c’è il bisogno di sicurezza: chiedono l’applicazione dei protocolli sanitari di sanificazione nelle strutture ricettive ed extraricettive. Le prossime vacanze saranno alla ricerca di luoghi non di massa, all’insegna del relax dopo l’esperienza del “confinamento” o del divertimento. Infatti, l’effetto contraccolpo potrebbe creare la voglia di eccedere, fare qualcosa che prima non si sarebbe fatto. La prima esperienza di viaggio post-Covid sarà la ricerca di fiducia in tutte le componenti del viaggio».
Quale futuro per il turismo?
«Le crisi socio-economiche, la concorrenza spietata e sleale, i gusti e le esigenze dei viaggiatori sempre più consapevoli, continuamente ci interpellano a ripensare metodi e strategie di azioni, passando alla consapevolezza dei “nuovi turismi” sempre più emergenti ed esigenti. È necessario comprendere che il cambio di paradigma è indifferibile, se vogliamo parlare di nuovi prodotti che differenziano la stagionalità e portino i viaggiatori, nei nostri luoghi. Si percepisce che in ogni ambito dei settori turistici, lentamente, sta cambiando la filosofia del turismo che mira all’essenza stessa delle cose da offrire a ciò che il viaggiatore chiede: l’esperienza ed il senso della ricerca di sé. Quindi un turismo non di “commercializzazione” ma di ricerca dell’umano. In definitiva, il viaggio è l’immagine della vita. Ce lo ricorda il piano strategico del turismo nazionale del Mibact che ha inteso promuovere nuove modalità di fruizione turistica del patrimonio culturale, basate sul rinnovamento ed ampliamento dell’offerta turistica delle destinazioni strategiche e sulla valorizzazione di nuove mete e nuovi prodotti, per accrescere il benessere economico, sociale e sostenibile dei territori».
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È necessario un rilancio dell’immagine turistica Italiana?
«Per adempiere ad un’adeguata missione con competenza e professionale nel settore del turismo non si può prescindere dalla conoscenza del modello DMO, ormai presente in tutte le regioni italiane. La DMO è un processo strategico del governo del territorio in cui il principale compito consiste nel gestire le risorse materiali, immateriali e le varie visioni degli operatori turistici in un’unica immagine condivisa, da promuovere e comunicare all’esterno. Organizzare l’offerta significa individuare nuove strategie in grado di porre maggiore attenzione alle condizioni sociali e biofisiche desiderabili o appropriate dei territori più fragili come i borghi, e ricercare strumenti più integrati per gestire il processo di cambiamento. Occorre, quindi, che si creino le condizioni per favorire un percorso condiviso e mirato che stimoli i portatori d’interesse a chiedersi che tipo di offerta è possibile progettare, senza perdere di vista i fondamentali obiettivi dello sviluppo turistico dei territori di grandi e piccole dimensioni, ossia quello di favorire la crescita economica e sociale delle comunità ospitanti. Una strategia che deve anzitutto spingere gli attori territoriali ad essere motivati e dall’altro trovare le adeguate risorse umane per portare avanti percorsi di innovazione nelle buone pratiche turistiche».
Quali politiche sarebbero necessarie in questa fase per far ripartire il settore turistico?
«Cambiare passo non significa solo ristrutturare gli alberghi o altre forme di ricettività, ma significa fare scelte politiche coraggiose, anticipare i tempi, studiare il mercato, analizzare le presenze con l’aiuto di chi lavora in questo settore, progettare, programmare e pianificare azioni di promozione e comunicazione turistica con obiettivi già prestabiliti. Invece, siamo fermi ad aspettare che sia il turista a sceglierci e non il contrario. È necessario governare la complessità urbana che lega i servizi al turismo e ai beni culturali. Solo così potremmo garantire un’offerta turistica di qualità. Dobbiamo passare dunque da un modello di frammentazione ad un modello che si deve caratterizzare per la presenza di comportamenti collaborativi e di network facilitati da un organismo guida che abbia il preciso compito di coordinare strategicamente le risorse territoriali e gli operatori turistici e culturali. Nel turismo la destinazione è tutto. La costruzione della singola destinazione, l’affinamento della sua rarità, che è poi il cuore della sua attrazione, dev’essere pensata e creata al livello locale, perché il “genius loci” sta lì, ma per vincere sul mercato globale ci vuole condensazione delle risorse, massa critica, compattezza, che solo la dimensione nazionale o europea può dare».
Quanto è importante la comunicazione digitale nel turismo?
«Una azione efficace di comunicazione prevede una serie di interventi e strumenti volti a valorizzare tutti gli aspetti più curiosi ed interessanti dei territori oggetto della destinazione. Nello specifico, un sito web, la promozione sui canali social e su Google, passaggi televisivi a livello regionale e su stampa nazionale, servono a garantire una forte presenza digitale capace di essere convertita in visite e in prenotazioni nelle strutture ricettive dei territori della destinazione, ma anche per creare interesse e riconoscibilità del territorio, offrire degli stimoli per prenotare una vacanza estiva, creare una community interessata all’offerta turistica della destinazione. Un’attività che ha l’obiettivo di comunicare un unico territorio, e non la sommatoria di tanti comuni messi assieme. Comunicare non è presentare la mera somma di tante piccole azioni, ma è promuovere l’idea che il frutto di una visione coordinata e organica di un sistema territoriale mira ad attrarre i viaggiatori verso la destinazione. Dovrà essere poi la destinazione a convincere, attraverso una presenza digitale, un turista a visitare un territorio e a viverlo in tutte le sue sfaccettature, e con tutto ciò che può offrire: capace di raccontare esperienze uniche ed irripetibili stimolando il viaggiatore stesso a ritornare».