Il voto all’unanimità con cui il Consiglio di Stato turco ha deciso di annullare il decreto del 24 novembre 1934 dell’allora presidente Mustafa Kemal Ataturk che trasformava Santa Sofia in un museo, spiana di fatto la strada al ritorno allo status di moschea del monumento più visitato di Istanbul. E il presidente Recep Tayyip Erdogan non ha perso tempo e ha subito firmato il decreto con cui ordina il passaggio di Santa Sofia alle autorità religiose musulmane e la sua riapertura per le preghiere. «La prima preghiera è prevista il 24 luglio prossimo» ha dichiarato, precisando che non sarà più necessario pagare il biglietto per avere accesso all’area.
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— Recep Tayyip Erdoğan (@RTErdogan) July 10, 2020
«Con il suo nuovo status, Santa Sofia continuerà ad accogliere tutti. Come tutte le nostre moschee, le porte continueranno a essere aperte a tutti, turchi e stranieri, musulmani e non musulmani», ha assicurato Erdogan, sottolineando che in Turchia ci sono al momento 435 tra chiese e sinagoghe aperte al culto, come prova che Ankara vede «la diversità come una ricchezza» e non intende restringere le libertà delle minoranze religiose.
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La decisione ha subito scatenato proteste e indignazione. La Grecia ha parlato di «una provocazione al mondo civilizzato» mentre la Chiesa russo ortodossa ha accusato Ankara «di ignorare la voce di milioni di cristiani». Anche gli Stati Uniti, per voce del Segretario di Stato Mike Pompeo, avevano espresso contrarietà alla trasformazione del museo in luogo di culto musulmano. «Il luogo – aveva detto Pompeo – è un esempio dell’impegno della Turchia al rispetto delle tradizioni e delle storie diverse del Paese». Da Washington a Mosca, da Bruxelles ad Atene, in tanti avevano tentato di fermare lo strappo. Invano. Inascoltati sono rimasti anche gli appelli al dialogo dell’Unesco, che ora si dice «profondamente dispiaciuto» e ha espresso la sua preoccupazione all’ambasciatore turco presso l’organismo, chiedendo un confronto per evitare il rischio di rimozione del monumento dalla lista del Patrimonio mondiale dell’umanità.
Santa Sofia è uno dei monumenti più famosi al mondo, il più visitato della Turchia. La sua imponente struttura centrale mantiene l’impianto originale del 537, anno in cui fu edificata per volere dell’imperatore Giustiniano e della moglie Teodora che desideravano farne la più grande chiesa del mondo. Nel 1453, con la presa di Costantinopoli da parte delle truppe ottomane guidate dal sultano Mehmet “il conquistatore”, l’Impero romano d’Oriente giunse alla fine e Santa Sofia diventò una moschea, con l’aggiunta dei 4 minareti e con alcuni cambiamenti realizzati dal grande architetto ottomano Sinan.
Il sultano Mehmet ordinò di preservare i preziosi mosaici, coprendoli invece di distruggerli. Rimase una moschea fino al 1934, quando diventò per volere del presidente Mustafa Kemal Ataturk un museo. Nel 2016, per la prima volta dopo 85 anni, al suo interno venne celebrata una preghiera islamica e al sito fu assegnato un imam per il richiamo alla preghiera dai minareti e la lettura del Corano, in determinate occasioni e anniversari. Il ritorno di Santa Sofia allo status di moschea è entrato nell’agenda politica turca prepotentemente dopo le settimane di polemiche con la Grecia, che ha attaccato duramente Ankara per la preghiera islamica recitata lo scorso 29 maggio, in occasione dell’anniversario della conquista di Costantinopoli da parte delle truppe ottomane.