Atlantia uscirà da Autostrade. La famiglia Benetton, dopo un lungo negoziato notturno, cede alle condizioni imposte dal governo e dal premier Giuseppe Conte: il passo indietro arriva a quasi due anni dopo il crollo del Ponte Morandi il 14 agosto 2018 in cui morirono 43 persone. La battaglia tra lo Stato e il concessionario privato si chiude con l’ingresso di Cassa depositi e prestiti con almeno il 51%, che renderà di fatto Aspi una compagnia pubblica. Sì anche ai risarcimenti da 3,4 miliardi di euro come penale per il crollo del ponte di Genova, sì al calo dei pedaggi, in linea con le indicazioni dell’Autorità dei trasporti, sì alla rinuncia a tutti i ricorsi, compreso quello sul Milleproroghe (che ha tagliato l’indennizzo in caso di revoca della concessione).
Ma il punto principale, sul quale il governo aveva deciso di investirci la propria credibilità, riguarda il ruolo che avranno i Benetton da qui in avanti: la famiglia, che attualmente possiede l’88% delle quote di Aspi attraverso la holding Atlantia, ha accettato di tirarsi indietro con un percorso graduale: arriverà al 10% e al suo posto entrerà Cassa Depositi e Prestiti, una controllata del ministero delle Finanze, che dovrebbe diventarne azionista di maggioranza di Aspi con il 51% delle quote. Un altro punto dell’accordo prevede che Aspi sia scorporata da Atlantia e poi quotata in borsa, con un’ulteriore riduzione della quota posseduta dai Benetton.
Il Consiglio dei ministri ha dato mandato a Cassa depositi e prestiti per avviare, entro il 27 luglio, il percorso che porterà all’uscita progressiva dei Benetton da Autostrade. «Entro settembre ci sarà il primo passaggio di perdita di controllo, un processo molto rapido» , spiega il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli in merito alle tempistiche di uscita di Atlantia. «Il processo- aggiunge- durerà più o meno un anno» . I ministri Roberto Gualtieri e Paola De Micheli hanno ora il mandato a definire gli altri aspetti dell’accordo. Sul tavolo il premier Conte fino all’ultimo tiene l’arma della revoca, ormai sempre più lontana, ma pronta a essere riutilizzata se gli impegni assunti dai Benetton non venissero rispettati.
La proposta prevede specifici punti qualificanti riguardo alla transazione e al futuro assetto societario del concessionario. «Durante la riunione – si legge nel comunicato del Consiglio dei ministri -, sono state trasmesse da parte di Aspi due nuove proposte transattive, riguardanti, rispettivamente, un nuovo assetto societario di Aspi e nuovi contenuti per la definizione transattiva della controversia. Considerato il loro contenuto, il Consiglio dei ministri ha ritenuto di avviare l’iter previsto dalla legge per la formale definizione della transazione, fermo restando che la rinuncia alla revoca potrà avvenire solo in caso di completamento dell’accordo transattivo. La proposta prevede specifici punti qualificanti riguardo alla transazione e al futuro assetto societario del concessionario».
L’accordo prevede misure compensative ad esclusivo carico di Aspi per il complessivo importo di 3,4 miliardi di euro: è la penale per il crollo del ponte sul Polcevera. Prevista inoltre la riscrittura delle clausole della convenzione al fine di adeguarle all’articolo 35 del decreto legge “Milleproroghe”. C’è poi il rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario e l’aumento delle sanzioni anche in caso di lievi violazioni da parte del concessionario. Il punto chiave però è la rinuncia a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte Morandi, al sistema tariffario, compresi i giudizi promossi avverso le delibere dell’Autorità di regolazione dei trasporti (Art) e i ricorsi per contestare la legittimità dell’art. 35 del decreto Milleproroghe, che ha ridotto l’indennizzo in caso di revoca da 23 a 7 miliardi. Infine, l’accettazione della disciplina tariffaria introdotta dall’Art con una significativa moderazione della dinamica tariffaria.
In vista della realizzazione di un rilevantissimo piano di manutenzione e investimenti, si legge nel comunicato di Palazzo Chigi dopo il Cdm, Atlantia S.p.a. e Aspi si sono impegnate a garantire l’immediato passaggio del controllo di Aspi a un soggetto a partecipazione statale (Cassa depositi e prestiti). Un passaggio che deve avvenire tramite la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato da parte di Cdp, l’acquisto di quote partecipative da parte di investitori istituzionali. E ancora la cessione diretta di azioni Aspi a investitori istituzionali di gradimento di Cdp, con l’impegno da parte di Atlantia a non destinare in alcun modo tali risorse alla distribuzione di dividendi. Infine, la scissione proporzionale di Atlantia, con l’uscita di Aspi dal perimetro della holding dei Benetton e la contestuale quotazione di Aspi in Borsa. In alternativa, si legge sempre nella nota del governo, Atlantia ha offerto «la disponibilità a cedere direttamente l’intera partecipazione in Aspi, pari all’88%, a Cdp e a investitori istituzionali di suo gradimento» .