Nuova offensiva della Commissione europea contro l’evasione fiscale delle aziende in Europa. L’obiettivo è colpire quei Paesi che concedono non solo «misure preferenziali» ma che hanno in piedi «regimi fiscali che possono avere gli stessi effetti dannosi». La proposta che arriva da Bruxelles è quella di modificare il Codice di condotta della tassazione per le imprese, che finora ha regolato il concetto di “concorrenza fiscale equa” all’interno della Ue. «Sono già stati compiuti molti progressi per bloccare la frode e l’evasione fiscale e per combattere la fiscalità aggressiva, in Europa e nel mondo. Ma quel lavoro è tutt’altro che concluso. Questo è uno scandalo che non può continuare, soprattutto in questo momento di crisi e al fine di costruire una ripresa duratura, tutti devono pagare la loro giusta quota», il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, ha presentato il pacchetto della Commissione contro l’evasione fiscale delle aziende in Europa.
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Tra le misure in programma c’è la riduzione degli ostacoli amministrativi per le imprese, attraverso una «semplificazione fiscale», che vada anche verso un sistema europeo dell’Iva. Altre misure prevedono di aiutare le autorità a condividere dati in modo efficiente per combattere frode ed evasione, oltre che rivedere la direttiva sulla cooperazione amministrativa per estendere le regole sulla trasparenza anche alle piattaforme digitali. Gli Stati si scambieranno così automaticamente le informazioni sulle entrate generate dai venditori online, cosa che aiuterà non solo le autorità nazionali a identificare dove le tasse devono essere pagate, ma ridurrà anche il peso amministrativo delle imprese che non dovranno rispettare i diversi obblighi di reporting.
Ma la presentazione del pacchetto di misure contro l’evasione arriva lo stesso giorno della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha annullato la decisione della Commissione Ue sui “tax ruling” irlandesi a favore di Apple. «Il Tribunale annulla la decisione in questione perché la Commissione non è riuscita a dimostrare in modo giuridicamente adeguato l’esistenza di un vantaggio anticoncorrenziale ai sensi dell’Articolo 107». Per la Commissione, che aveva chiesto all’Irlanda di farsi restituire 13 miliardi di euro da Apple per il mancato pagamento delle imposte, si tratta di una clamorosa sconfitta. È dal 2016 che Dublino si rifiuta di incassare la cifra, difendendo la propria politica fiscale. Il ministro delle Finanze irlandese, Paschal Donohoe dal 13 luglio alla guida dell’Eurogruppo, ha appreso con soddisfazione la sentenza e in un comunicato ha dichiarato che «non c’è stato mai un trattamento speciale» per Apple, che è stata tassata secondo le regole in vigore nel Paese.
#EUGeneralCourt annuls the decision taken by the @EU_Commission regarding the Irish #TaxRulings in favour of @Apple #Apple #EUCommission #StateAid pic.twitter.com/KoF6r1n82S
— EU Court of Justice (@EUCourtPress) July 15, 2020
All’epoca la Commissione aveva stabilito che il governo dell’Irlanda avrebbe dovuto «recuperare le tasse non pagate nel paese da Apple per gli anni compresi tra il 2003 e il 2013 per una cifra intorno ai 13 miliardi di euro, più gli interessi» . Sia Apple che il governo irlandese avevano però contestato la versione della Commissione Europea: l’Irlanda, infatti, non riteneva di avere nessun credito nei confronti di Apple, e ha sempre sostenuto che le sue vantaggiose politiche fiscali fossero legittime, utili ad attrarre investimenti e valide per tutte le aziende che ospita, non solo Apple. Apple, dall’altra parte, diceva di aver pagato tutte le tasse richieste dal governo irlandese e di non aver evaso il fisco o nascosto dei guadagni. A distanza di quasi quattro anni, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che le due società controllate da Apple (Apple Sales International e Apple Operations Europe), con sede in Irlanda, non hanno avuto nessun illecito vantaggio dal regime fiscale irlandese, e che pertanto non hanno violato nessuna regola.